OLI 298 – NUCLEARE: I sessanta chilometri di Milashima


Nel numero 295 di Oli un lettore ha inviato una lettera alla quale rispondo con piacere, trattandosi di argomenti abitualmente portati a difesa del nucleare.
1 – Se in Italia ci fosse un sisma come quello di Fukushima, l’Italia sarebbe distrutta “da Napoli ad Ancona” (Rai 1).
La prospettiva di un terremoto “da Napoli ad Ancona” esclude regioni certamente altrettanto attive, come la Sicilia, la Calabria, le Puglie: forse chi fa questa affermazione in Rai ha ancora in mente la vecchia classificazione tellurica, quella che ha permesso a scuole e palazzi di cadere (ma a norma di legge, s’intende) durante gli ultimi terremoti. Comunque, a parte questo, un terremoto delle dimensioni di quello giapponese aggiungerebbe solo macerie ai problemi delle centrali nucleari. Come dire: già che crolla tutto, facciamoci anche gasare …
In Italia non è comunque necessario attendere un terremoto di magnitudo 9 Richter, basta vedere cosa riusciamo a fare con le poche barre di combustibile nucleare stipate qua e là ad inquinare di stronzio 90 le falde acquifere. Lui, lo stronzio, non è cattivo, è che lo hanno chiamato così … (http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/Il-Piemonte-e-la-piscina-radioattiva/D5875056.html)

2 – I reattori BWR sono obsoleti (http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_a_fissione#Reattori_BWR)
Se sono “obsoleti” perché sono ancora in funzione? Beh, perché nessuno si prende la briga di demolirli, è antieconomico come dimostrano le continue proroghe, e non si sa bene ancora come farlo. Quando si comincerà a chiuderli, avremo anche i primi casi di incidenti legati alla dismissione. Comunque, dopo 50 anni di nucleare a fissione, ancora non esistono certezze per lo stoccaggio delle scorie. In Germania le miniere di sale hanno ceduto e i detriti nucleari rischiano di contaminare le falde. Mi piacerebbe mandare gli stessi dirigenti e ingegneri che avevano firmato i vari documenti autorizzativi a levare i fusti, adesso. I filo-nuclearisti dovrebbero avere l’iniziativa di andare a spalare l’acqua di Fukushima, per aiutare i pochi volontari che restano a lavorare là, come fecero i liquidatori di Chernobyl che con il loro lavoro suicida hanno letteralmente salvato il mondo da una catastrofe ancora peggiore, e ai quali non mi risulta che il popolo italiano abbia ancora dedicato una giornata di lutto nazionale. Chi farebbe un fuoco così grosso da non avere abbastanza acqua per spengerlo? Il top event non ha soluzione, per cui lo si rende incredibile con artifici numerici, quando già per la terza volta siamo saliti a livelli di incidente superiore a 6. Il prof. Rubbia stesso ha avuto da dire sulla metodologia dell’analisi di rischio probabilistica per impianti così critici.
3. Fukushima è stata costruita male.
Repetita iuvant: anche qui la risposta si morde la coda con la domanda. Costruita male a norma di legge. Attendiamo il prossimo incidente e la prossima considerazione tecnica “a posteriori”, sperando che resti sempre qualcuno vivo per accertarla. Ci sono molte centrali “obsolete” e “costruite male” pronte a regalarci emozioni, circa 500 in tutto il mondo, la maggior parte delle quali molto vecchie, non pensate né per durare in eterno, né tantomeno per essere demolite in sicurezza. Non siamo poi molto lontano dagli “ingegneri Neanderthal”. Si usa dire che la nostra civiltà non lascerà molte informazioni perché ormai sono tutte virtualizzate: in realtà resteranno le scorie, a testimonianza dell’elevato grado di tecnologia raggiunto dalla scimmia sapiens.
4. Si deve pensare a “nucleare anche”.
Al di là delle considerazioni sul risparmio energetico fatto eliminando gli sprechi e sui diversi modi di fare elettricità con altri sistemi che non la fissione, per chi proprio volesse continuare sull’attuale tendenza che “consumo è bello” resta la speranza della fusione a freddo. Rapporto 41: l’Enea era arrivata ad un risultato sperimentale verificato ma il gruppo di lavoro è stato ignorato ed anzi, sostituito quando il Ministero delle attività produttive si era interessato al loro risultato (conosciuto per caso, s’intende). In attesa di verifica, esiste anche l’avventura di Rossi e Focardi, vedremo come va a finire. In questo caso c’è un’evidenza di laboratorio nelle loro conferenze di gennaio e di aprile 2011. Alcuni scienziati si lamentano che non è stato seguito il metodo scientifico classico; però, se fossi il fortunato scopritore di un processo di tal fatta, che interesse avrei a dover rivelare i miei segreti industriali per far contente le riviste scientifiche? In fondo, il mondo della scienza non ha dato un dollaro per questa ricerca, quale correttezza di ritorno si aspetta di ricevere adesso? (Rapporto 41: http://www.youtube.com/watch?v=XMW6rAU2X1Q) (intervista a Focardi http://www.territorioscuola.com/interazioni_2/2011/04/10/0046-100411-sergio-focardi-parla-il-padre-della-fusione-fredda-ni-h/)
5. I francesi si comprano l’Italia.
Sono contento per i Francesi, che si stanno adesso accorgendo cosa succederà da loro con le scorie e con le malattie professionali di chi lavora in quegli stabilimenti, costruiti con le risorse anche militari. Preferirei sentirle commentare come mai in Italia le lampadine a Led ad alta luminescenza non siano commercializzate in modo diffuso: si trovano nei negozi dei cinesi a 6 euro e cinquanta, ma non dai grossisti di materiale elettrico; siamo invece pieni di porcheria a fluorescenza. Con il costo del solo progetto di una singola centrale si potrebbe investire sull’illuminazione pubblica e privata, riducendo i consumi del valore dell’energia prodotta dalle ipotetiche centrali nucleari. Solo a Genova il semplice cambio dei semafori consentirà il risparmio di 400.000 euro di bolletta (oltre a inquinare meno). Invece si continua a spacciare per ecologiche le lampade a fluorescenza, alle quali adesso sono state aggiunte palate di elettronica usa e getta nel codolo, oltre alla sostanza molto inquinante del bulbo, al vetro, al peso dei materiali, del trasporto, della lentezza nel raggiungere la luminosità massima, motivo per il quale spesso sono lasciate perennemente accese: bel risparmio, non ho parole. Questa è l’industria, che pilota i mass media per i propri scopi commerciali.
Riguardo a Parmalat comprata dai francesi, non credo che sia un problema energetico: semmai politico e organizzativo. I minori costi si vadano a cercare nel numero di ore richiesto ad un’azienda italiana per compensare l’inefficienza dello stato, la corruzione dilagante, il comportamento da gangsters delle banche, la truffa degli interessi anatocistici semestrali, i vari trust che impediscono il mercato libero, tra i quali proprio quello di Enel, “l’energia che ti ascolta”. Castorama costa più caro di qualsiasi ferramenta di medie dimensioni, solo che da loro trovi tutto, subito. E’ un problema di dimensioni e di risultati, non solo di concorrenza economica. Io non ci compro volentieri, preferisco scornarmi a sostenere la microimpresa, ma non tutti la pensano come me e li capisco.
Se poi l’energia viene usata per una globalizzazione infantile delle merci, per cui si assiste a follie di uso di plastica usa e getta che ha raggiunto vertici da belinismo collettivo, questo non importa a nessuno? Proprio a cominciare dalla grande distribuzione che manda la carne già tritata in vaschette di plastica da un chilo in atmosfera modificata per cinquemila chilometri a spasso con i tir, sotto l’occhio indifferente di UE e governi locali. Dobbiamo solo continuare a ragionare ognuno per il suo tassello, chi per il kWh, chi per l’etichetta, chi per il sacchetto, dimenticando la globalità del problema energetico/ambientale? Io non ci sto. Molti non ci stanno più. La soluzione inizia dalla decrescita o crescita consapevole, la chiami come preferisce, non solo dal ridurre i costi economici, e basta.

Carissimo lettore, la invito con la sua stessa cortesia a provare lei a pensare diverso. L’attendiamo a braccia aperte in un mondo che, almeno, ci prova a levare i monopoli per far sviluppare il vero mercato dell’energia libera, dove ognuno se la fabbrica come crede, inquinando il meno possibile e senza spendere un bel niente in più del necessario. Soprattutto senza il trust di Enel, davvero una porcata colossale ai danni dei cittadini italiani. Vedrà, senza questo trust e con un’informazione non filtrata dai gruppi di potere, che rivoluzione nelle scelte degli italiani. In Germania ci stanno davvero pensando.

Alla fine di tutto, includo un’immaginaria piantina di un immaginario incidente di un’immaginaria centrale nucleare sita nel centro di un’ipotetica città chiamata Milashima, in emergenza a livello 7 come Fukushima: le auguro di non abitare a Nord di Alessandria. Così, giusto per capire cosa significa creare “desplazados” in un’area di 11 mila chilometri quadrati, alla faccia dei numerini tranquillizzanti degli ingegneri nucleari. Lo dico già da ora: se dovesse succedere io, a Genova, i lumbard non ce li voglio! 🙂
Vogliamo chiacchierare anche di rifiuti e di telecomunicazioni ?
(Stefano De Pietro)