Informazione. Lo tsunami mediatico in morte di Wojtyla

L’ultima immagine che ci ha lasciato di sé, quella della sua sofferenza umana, così poco ufficiale e papale (quando è alla finestra e allontana con gesto di stizza il microfono non riuscendo più a parlare), laici o religiosi che siamo, ce la porteremo a lungo nel cuore.


Nessun regista avrebbe potuto fissare più efficacemente in pochissimi fotogrammi il contrasto tra la fragilità del corpo e la forza di spirito di quell’uomo che, per trasmettere coraggio e speranza agli altri, ha fatto spettacolo della sua morte. Fino all’estremo.
La tenerezza, il rimpianto, il dolore per la perdita di una persona cara, sono sentimenti cui si addice pudore, compostezza, silenzio. Il contrario dell’indecente abbuffata andato in onda. Nessuna commozione “spontanea”, solo un basso conformismo intellettuale, peggio, il timore di non apparire abbastanza zelanti e genuflessi, ha scatenato nei mezzi d’informazione, a cominciare dalla Tv di Stato, una sorta di tsunami mediatico, iniziato con l’agonia del Papa e cresciuto, fino a diventare insopportabile, con e dopo la sua morte. Quasi imporci un comune sentire, fino a innescare una reazione contraria.
Che dire di giorni e giorni di oscuramento di ogni altro programma, non diciamo d’intrattenimento ma perfino giornalistico, le trasmissioni-fiume, le infinite non stop, con i più improbabili tuttologi, impegnati a superarsi nei voli apologetici, nel promuovere un papa magno, beato, santo: un crescendo che avrebbe mosso a ilarità per primo l’interessato. E che dire dell’assurda decisione dei politici di sospendere la campagna elettorale, quasi fossero impegnati in un evento ludico di cui vergognarsi; e del Coni che ordina di sospendere il campionato di calcio; ordine cui i campioni dell’edonismo pallonaro si inchinano, scoprendosi improvvisamente ossequienti e osservanti come giovani trappisti.
Sono le solite scene di una rappresentazione confezionata sempre allo stesso modo, da tempo immemorabile. Ma anche se i guru dello share non lo credono, l’Italia s’è desta, cambia, non ha smarrito del tutto il senso critico. E percepisce che il cordoglio per la scomparsa di un grande personaggio, quale Papa Giovanni Paolo è sicuramente stato, non può essere utilizzato da nessuno. Neppure da quei vertici della politica vaticana che oggi esaltano “il papa della pace”, mentre ieri soffocavano le sue grida contro la guerra. Insomma la storia non si fa al rullo di tamburo. E la verità sul regno di Wojtyla forse è ancora da scrivere.
I meno giovani ricordano, alla morte di Pio XII, la celebrazione sopra le righe della figura dello ieratico pontefice. Ma la storia, e la Chiesa stessa, hanno poi dato un più pacato giudizio sul pontificato, fors’anche alla luce di certi silenzi osservati durante la seconda guerra mondiale. Per i genovesi è più recente il ricordo di un altro personaggio da molti amato, stimato e celebrato. Chi non ricorda il lutto della città alla morte del cardinal Siri! Nonostante i tempi di canonizzazione siano stati incredibilmente velocizzati e numerose siano le proposte partite dai fedeli genovesi, il principe della chiesa, più volte “papabile”, non è ancora giunto al primo gradino del processo di canonizzazione: Servo di Dio.
(Vittorio Flick)