Al fuoco/2. Il nemico non è il fuoco, ma l’abbandono

Come leit-motiv del convegno, almeno sul fronte scientifico, l’appartenenza del fuoco all’ecosistema terrestre e, per dirla con le parole di Pyne, docente statunitense di Biologia ed esperto di uso del fuoco nelle società rurali più volte citato, tentare di escluderlo è “un’illusione delle società industriali”.


Il fuoco, ha illustrato Diego Moreno (Università di Genova), è gestito e controllato dall’intervento umano da almeno 40000 anni. Così, mentre in Francia si continua a praticare l’essartage e nella Foresta Nera sono formate squadre di esperti per l’uso del fuoco controllato (Haubergenossenschaften), in Italia la legislazione forestale e le amministrazioni si sono mosse in senso contrario, con la convinzione di poter evitare il divampare del fuoco proibendone l’uso controllato, forse per un’antropologia del fuoco tutta mediterranea, che lo percepisce come negativo per l’ambiente. Si è sostituito in questo modo il regime di fuoco colturale con conflagrazioni incontrollate in abbandono post-colturale.
Come mai la Liguria soffre così tanto per gli incendi? Un occhio alle percentuali di occupazione della forza lavoro nell’ultimo secolo e la risposta sembra emergere lampante: la regione ha subito un abbandono del settore primario molto anticipato, rispetto al resto d’Italia. Mentre infatti nel 1936 la forza lavoro impiegata in agricoltura ammontava al 42% al Nord ed al 56% al Sud, in Liguria si arrivava al 24%. I boschi liguri soffrono di un abbandono che ormai supera il secolo.
La palla passa alle amministrazioni, affinché propongano linee d’azione e sembra proprio che la chiave di tutto sia rendere nuovamente il bosco in grado di produrre. Vengono proposti interventi quali linee tagliafuoco e utilizzo della biomassa per il riscaldamento (“Siamo stato in grado di metter su un gasdotto dall’Algeria, e non riusciamo ad allestire una microrete per il riscaldamento a biomassa per i nuovi quartieri di Sestri Levante?” lamenta l’agronomo Manfredi). L’assessore Cassini si impegna per un progetto pilota che coniughi prevenzione attiva e coinvolgimento dei soggetti locali, l’assessore provinciale Duglio invoca una rinaturalizzazione, dimostrando di aver perso forse qualche concetto delle relazioni precedenti, viene più volte invocato il nuovo Piano di Sviluppo Rurale.
Tra le molte voci se ne leva una soltanto dal pubblico, al momento del dibattito: l’unico boscaiolo presente in sala. Si chiede come mai la provincia che pare essere tanto sensibile ai problemi di gestione del bosco, non abbia saputo mantenere le strade di sua competenza come linee tagliafuoco, come mai l’associazionismo sia presentato come soluzione e poi sia così difficile mantenere in vita un consorzio, per le difficoltà burocratiche e la mancanza di finanziamenti. Ricorda come il ritorno economico dell’utilizzo di biomassa sull’appennino sia praticamente nullo, vista la conformazione del territorio. Teoria e pratica come sempre sono una forbice divergente, così come i tempi, lenti e generazionali, del bosco, ed i bilanci annuali delle amministrazioni, che, al contrario dei pini anneriti nella Nua Natua, non hanno radici.
Eleana Marullo