Tipi da spiaggia. Operatore culturale, altro che vu cumpra

Il copione si ripete ogni estate: da una parte i servizi sul caldo, le code, le mete preferite, dall’altra, la processione dei migranti che, da “sdraio a sdraio”, si muovono con la loro mercanzia sulle spiagge in cerca d’acquirenti.


Ma “il mercato si evolve”: nuove etnie, nuove stratificazioni. All’inizio c’erano i maghrebini: vendevano vestiti, piccola biancheria da cucina; a loro, col tempo, si sono aggiunti gli africani: magliette e borse griffate (a volte ordinate da una settimana all’altra, giusto per non contraddire l’ultima pubblicità che ci vuole accompagnati dalla culla alla canizie dalle “marche”). Passano le stagioni e sulla battigia appaiono i primi asiatici: indiani, pakistani con monili in argento e pietre dure. Il loro è un nomadismo stagionale: si fermano in Italia il tempo necessario per vendere quello che hanno portato dal paese d’origine, poi ripartono per tornare qui l’anno dopo. Tutti, indistintamente, lasciano il segno del loro modo d’essere: caparbietà, disperazione, coraggio, dignità.
Mi è capitato, così, di comprare col “pagherò”, senza dover declinare le generalità, senza un numero di conto o il codice fiscale, così, semplicemente: “Ci rivediamo qui, prima o poi”.
C’è stata anche una migrazione tutta interna, come quella raccontata da Giuseppe, studente d’architettura calabrese, che trascorreva l’estate lungo le spiagge da Bergeggi a Varigotti offrendo krapfen, alternandosi, lungo l’orizzonte limitato dei bagnanti abbrustoliti, con l’immancabile, e napoletanissimo, venditore di cocco.
Altri cambiamenti. Sulle spiagge, a fare le ambulanti ora ci sono anche le donne africane. Incedono regali mentre, apparentemente senza sforzo, trasportano la loro merce in una cesta poggiata sulla testa. Mi hanno ricordato una vecchia foto di mia nonna, anche lei fissata da uno scatto con la sua sporta sul capo.
Altri occhi a mandorla ti massaggiano o vendono aquiloni. C’è anche Jacques, imprenditore del nomadismo agostano. Sul suo biglietto da visita, fra i colori della bandiera del Senegal, campeggiano due profili dell’Africa e la sua professione: “operatore culturale”. E’ in Italia dal 1999, vive a Bocca di Magra, dove ha un magazzino. Lui le spiagge le batte a tappeto per incontrare persone, per prendere contatti, perché compra e vende opere d’arte della sua terra ed è qui, dice, per aiutare chi è in difficoltà.
Racconta e sorprende Jacques col suo saper legare fatica, amicizie, vita: la sua e la nostra. Con parole dove ogni cosa appare semplice e armonica. Gli ho promesso di ricordarmi di lui. Lo faccio anche da qui, perché Jacques rappresenta la naturale sineddoche della parola “integrazione”: così vicino alla sua terra e al tempo stesso così legato alla nostra e alle sue “regole di mercato”.
Tania Del Sordo