Memoria G8 – Ma quanta tolleranza verso i black bloc

“Chi non vuole ricordare il passato è condannato a riviverlo.” E allora bando alla pigrizia e -al di là dei silenzi dell’informazione deputata- sforziamoci di ricordare, anche se fa male o dà fastidio.


Una delle piazze tematiche della manifestazione contro il G8 è in Paolo da Novi, organizzata dai COBAS. La mattina del 20 luglio, dopo le 10, gli organizzatori sono ancora poco numerosi, in compenso arrivano un gruppo di malintenzionati che si dedicano a disselciare, scardinare segnaletica stradale, armarsi dei ferri delle aiole. I COBAS sono impotenti, ma ancora di più scelgono di esserlo interi reparti di polizia e carabinieri, disposti intorno alla piazza, che assistono indifferenti e a intervenire non ci pensano neanche. Persino più grave l’episodio di Marassi: una ventina di ragazzotti “spaventano” a tal punto una settantina di CC da farli allontanare in tutta fretta a bordo di sei blindati. Ne va di mezzo la targa del carcere, poi dal portone escono quattro o cinque guardie penitenziarie e i ragazzotti si dileguano. Forse le guardie non erano al corrente delle decisioni prese in alto loco. Invece in piazza Manin, dopo le 15 (in corso Gastaldi e in via Tolemaide sono già iniziate le cariche durissime contro il corteo dei disobbedienti proveniente dal Carlini, e quindi in un punto nel quale era ancora autorizzato dalla questura), i poliziotti, sinceratisi che la decina di terribili bb se ne siano andati, non trovano di meglio da fare che bastonare inoffensivi lillipuziani con le mani verniciate di bianco e rompere qualche testa alle donne di Marea.
A parziale completamento del clima posso aggiungere ciò che mi hanno raccontato. Un ragazzo in maglietta nera sul motorino a un posto di blocco si sente chiedere: “Sei dei nostri?”. A un’infermiera del San Martino un CC ordina di smistare in altro reparto un contuso in abbigliamento equivoco dicendole: “Questo è dei nostri”. Un ragazzo che cerca di fermare due energumeni intenti a bruciare una Cinquecento (sicuramente non un simbolo di potere) viene duramente picchiato. Insomma, infiltrazioni per conoscere o per organizzare e dirigere? Indifferenza per non esacerbare gli animi o per precostituire alibi?
(3 – continua)
(Giuliano Giuliani)