Welfare – Pantomime inopportune con i cassintegrati

I gasometri di Cornigliano sono stati, per i dipendenti di Riva, meridiane sulla giornata lavorativa. Erano sipari aperti sul sole. Incombevano nelle giornate di pioggia. Perché alle acciaierie la pioggia è implacabile, il freddo più freddo, il caldo soffocante. I gasometri verranno smontati a breve, come pezzi di un lego da sostituire da elementi diversi, più nuovi. Con loro, cokeria, palazzina, uffici, altoforno verranno sacrificati “per una nuova identità” di un quartiere che spintona da anni per essere simile ad Arenzano.


Sì, scrive Donatella Alfonso su Repubblica-Il Lavoro del 14 febbraio, c’è chi alla riunione di Circoscrizione immagina “una spiaggia” come quella del nonno o chi sogna un teatro per la Filarmonica.
Il sindaco Pericu e l’assessore allo Sviluppo economico Margini promettono agli abitanti del quartiere che sarà tutto condiviso. Un Osservatorio vigilerà su progetti e avanzamento lavori. Duecentoquindici milioni di euro sono già disponibili per bonifica, realizzazione della strada a mare, distripark, riqualificazione di villa Bombrini e del quartiere.
Duecentoquindici milioni di euro da qui al 2019. Quattrocentotrenta miliardi di vecchie lire.
Nel secondo atto di questa storia, in scena questa settimana, i sindacati dovranno incontrare le istituzioni per sistemare la retribuzione di quei trenta impiegati che da Riva percepivano stipendi elevati e che oggi, in cassa integrazione, pretendono il mantenimento del loro vecchio stipendio avendo aderito ai progetti di pubblica utilità. Si tratta del “tenore di vita”, che di questi tempi non può essere certo messo in discussione.
Nella stessa riunione verranno trovate regole condivise per la retribuzione di tutti gli altri cassintegrati che sommando stipendio fisso dato dalla loro collocazione e cifra corrisposta per il lavoro di pubblica utilità, non si danno una ragione della differenza tra quanto incassato e la loro aspettativa.
A questo dettaglio si aggiunga il dovere morale – purtroppo in merito nulla è stato proposto – di inquadrare i livelli più bassi, quelli che prendono un’inezia, centottanta, duecento euro di integrazione per i lavori di pubblica utilità, che dichiarano “meglio non aderire perché a dare il bianco in un appartamento, quei soldi si guadagnano in una giornata…”.
Pare che i soldi siano pochi. Ma quei duecentoquindici milioni di euro non dovrebbero servire anche per la gestione occupazionale della vicenda Riva? Chi li gestisce? Chi deve produrre i conti? Chi deve vigilare? Quali le voci di spesa? Con quale scadenza?
La questione assume connotati cinici in considerazione di coloro che nelle istituzioni lavorano a contratto da anni e in alcuni casi devono accettare la riduzione di orario per i tagli agli enti locali voluti dal governo. C’è di che sospirare. Di rabbia o di attesa. E a sospirare farà bene il cittadino pensando ai 47 progetti proposti ai cassintegrati: scatole vuote che vanno dalla gestione degli archivi, al censimento delle terre incolte, dal miglioramento della qualità dell’aria, al coordinamento degli stessi progetti ILVA. Scatole vuote nelle quali sono stati fasciati devotamente i cassintegrati, quasi fossero statuine del presepe, in un armadio di una casa che poi è anche casa loro perché sede del bene comune. Lavorar di fantasia in questa pantomima non è concesso. Ma con altri autori questa storia sarebbe stata una bella storia. A vantaggio di tutti. Una storia di sinistra.
(Giulia Parodi)