Riforme – Rai più indipendente salvando Mediaste?
Nella totale disattenzione mediatica (le rare eccezioni non fanno primavera), è in corso da qualche mese, e a quanto si sa procede bene, la raccolta di firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare volta a riformare il sistema radiotelevisivo italiano: proposta che in realtà vuole modificare soprattutto uno dei due oligopoli imperanti, quello della Rai-Tv. Tra i primi firmatari della richiesta figurano Tana de Zulueta, Marco Travaglio, Sabina Guzzanti, Francesco Altan, registi, attori, intellettuali degni del massimo rispetto, ultimo (solo in ordine alfabetico) padre Alex Zanotelli.
Alcuni dei proponenti sono venuti a Genova per illustrare l’iniziativa, invitati da circoli e movimenti; e in occasione di uno di questi confronti c’è stato chi ha posto un quesito scontato, perfino ovvio e tuttavia niente affatto chiarito: com’è pensabile riformare l’emittente pubblica, senza intaccare la mastodontica abnormità -unica in Europa- del disarcionato p remier che continua a controllare da solo tre reti, quindi la metà dell’informazione via etere?
Spiegazione: la riforma della RAI per quanto parziale sarebbe la sola al momento realizzabile, mentre per quella più generale non esisterebbero le condizioni politiche per poterla portare avanti. E perché mai? Il conflitto d’interessi non è forse scritto tra i principali punti del programma Prodi? Sì, ma… La risposta di chi conosce la materia, risvolti meno chiari compresi, è fin troppo possibilista: si accenna all’esistenza di incredibili retroscena, a tacite intese trasversali, se non inciuci, a temporanee prudenze più che veri patti di non aggressione, quasi che nell’approccio al problema prevalessero ancora una volta quei complessi storici o subalternità che già permisero il patatrac della Bicamerale.
Forse tanti timori si spiegano da una parte con l’impazienza e dall’altra con la necessaria gradualità stabilita dai tempi di un’agenda politica appena alle prime scadenze. E’ quanto si augura, per lo meno, il popolo del centrosinistra. Certo, a nessuno sfugge il fatto che riformare la Rai TV, seppure col nobile motivo di liberarla dall’opprimente controllo dei partiti (ai vertici sarebbero chiamate in maggioranza personalità di riconosciuta indipendenza della società civile), non può prescindere dal ridimensionamento del blocco Mediaset. Diversamente non si scioglie il nodo che soffoca l’autonomia dell’informazione tv. Proprio perché la materia è delicata quanto qualificante, il silenzio in proposito (nonostante la consegna del riserbo sia così poco praticata dal neo governo) non giova. Tra i maggiori esperti, Carlo Rognoni, attuale consigliere Rai, ha certo dato il contribuito della sua esperienza e dei suoi libri alle scelte programmatiche di Prodi in materia. Una sua puntualizzazione sarebbe utilissima. In nome della trasparenza.
(Camillo Arcuri)