Logistica portuale – Oltregiogo: mille treni al giorno?

Con l’incontro pubblico in Alessandria di giovedì 6 luglio 2006, una data che potrebbe diventare indimenticabile per gli abitanti dell’ovadese e del novese, è uscito dalla clandestinità il progetto di spostare il porto di Voltri nell’entroterra, Oltregiogo. Sì, perché come hanno tranquillamente ammesso i responsabili dello studio di pre-fattibilità, essi si sono preoccupati di preavvertire l’Ente Regione Liguria e l’Ente Regione Piemonte ma, per quel che riguarda le istituzioni del territorio interessato, a partire dalla Provincia di Alessandria e tutti i Comuni coinvolti nell’avveneristico progetto, hanno preferito soprassedere e ciò per una questione di tatto, sia per non ingenerare inutili aspettative sia per evitare ancor più inutili preoccupazioni. Questo il senso letterale delle risposte date dal responsabile scientifico e dal principale propugnatore del progetto, all’osservazione critica espressa dal Presidente della Provincia di Alessandria circa il metodo seguito nel dare sostanza all’idea di delocalizzare il porto di Genova-Voltri nelle colline e pianure alessandrine.


Non è che dalle nostre parti nessuno ne sapesse nulla, o ne avesse come tutti noi solo qualche vaga e imprecisa informazione, infatti gli esimi relatori hanno fatto nome e cognome di un ‘Entità, la Slala, che, al contrario, sapeva, sa, e saprà. Per carità, siamo uomini di questo mondo, la Slala non è la Spectre, e trattandosi di logistica è naturale che i professionisti del ramo siano coinvolti. E però la procedura è rivelatrice, qui il metodo e il merito coincidono e sono rivelatori della sostanza.
La sostanza è che alcuni interessi imprenditoriali privati, in lotta con altri gruppi economici e strategie imprenditoriali, affermano di essere l’incarnazione dell’interesse pubblico-collettivo-nazionale, e quindi chiedono alle istituzioni, ai cittadini, a tutti noi, di sostenerli nella lotta contro la concorrenza, di sottoscrivere il progetto che hanno ideato per battere la concorrenza dei porti del Nord-Europa. Perderemo qualche bosco ma dirotteremo le merci, i container, da Rotterdam a Lerma e dintorni.
Forse per suggestione di un luogo (Cultura & Sviluppo) in cui la cultura segna una preminenza sullo sviluppo, l’accento non è stato posto sul prosaico “buco” di venti chilometri presumibilmente al centro delle attenzioni dei soliti portavoce del NO. La questione è stata bypassata disegnando, con apposito filmati, scenari da favola: un balzo nel futuro costruito da uomini maturi ridiventati ragazzi, quasi fossero in preda ad una fanciullesca regressione all’amato Jules Verne.
Usando la bacchetta magica della Tecnica ci hanno detto che: con poca spesa, anzi nessuna spesa, sarà possibile realizzare un impianto interamente meccanizzato che dai fondali profondi, pronti ad accogliere piattaforme naviganti da migliaia di container, penetrerà nell’Appennino, si allungherà nella Valle dell’Orba per dilagare nelle pianure destinate ad accogliere i megaimpianti di smistamento. Mille treni al giorno correranno ininterrottamente lungo la spina dorsale di questo porto di terra e di acciaio, disteso nel Monferrato e proiettato nei fatidici Canali 5, 2 ecc., dei flussi globali delle merci, da cui dipende il nostro futuro e la nostra salvezza. Guai a chi resta tagliato fuori, guai a chi si oppone: lo attende la pattumiera della storia, dissero unanimi !
Insomma hanno fatto ricorso alle armi di distruzione di massa della retorica ancor prima che si manifestasse una vera opposizione, come se avessero una colossale coda di paglia.
Per carità di patria non ci soffermiamo sulle perorazioni in nome dell’ambiente, della salute e della sicurezza, garantiti dall’enorme aumento dei traffici che costituisce l’obiettivo dichiarato del progetto mille treni. Limitiamoci all’unico discorso intellettualmente onesto: il porto così com’è non decolla, c’è l’occasione per decuplicare il numero dei container in transito da Genova-Voltri. Le tecnologie ci sono, bastano 7000 miliardi di vecchie lire e l’acquiescenza degli indigeni d’Oltregiogo.
Non mancheranno di suonare la grancassa dei posti di lavoro ma ad Alessandria non l’hanno fatto. Anzi tutto il contrario, in linea con il profilo tecnicamente avanzato e schiettamente imprenditoriale dato alla presentazione. Non solo è stato ribadito che i mille treni saranno rigorosamente privi di personale, così da poter viaggiare ininterrottamente giorno e notte, ma, cosa ancor più importante, e vero perno di tutto il progetto, i container non dovranno assolutamente toccare terra in quel di Genova-Voltri: se questo accadesse tutto il meccanismo ad orologeria messo a punto salterebbe. Con un’unica mossa due categorie storicamente riottose agli imperativi della logica economica, i ferrovieri e i portuali, vengono spazzate via. Una bella rivincita !
Quindi, con imbocco a ponente, anche se a levante sarebbe stato meglio, ma così si evitano le proteste dei rivieraschi, le mega-navi, grazie a mega-gru, scaricheranno sui treni sempre in movimento decine di migliaia di container al giorno che verranno subito inghiottiti nelle viscere dell’Appennino e vomitati in quel che resterà dell’ovadese. Altro che “ terre di pace “ , parchi naturali, tecnologie compatibili, agricoltura biologica, polmone verde e altre sciocchezze idilliache: tutto sarà spianato sotto montagne di scatole di ferro, binari, raccordi, treni, tir, logisticamente all’avanguardia. Un sacrificio, certo, per chi ci vive, ma la sfida è mondiale, globale, letale. Una tale meraviglia ci sarà invidiata dai più grandi competitors logistici planetari, che accorreranno a frotte.
Ma la cosa più bella di tutte è che, come detto, non costerà nulla. Ciò è reso possibile da un’altra meraviglia, questa volta della tecnica finanziaria, chiamata, nientedimeno, project financing. Grazie a questa parola magica, saranno gli stessi privati interessati all’opera a finanziarla. Nessuno ci crede, ma in linea di principio è così, e di ciò dovremmo essere contenti. Purtroppo per un’idea arcaica della cosa pubblica non lo siamo affatto. Arriviamo addirittura a sostenere che scelte in grado di modificare in modo irreversibile interi territori, ambienti naturali e storici, non possano essere demandate a portatori di interessi privati, anche se con potenti appoggi politici e finanziari, e capaci di progetti visionari.
Quindi chiediamo che le istituzioni pubbliche assumano, perlomeno, una posizione di terzietà rispetto ad interessi contrapposti. Chiediamo altresì che il progetto, prima di ogni ulteriore sviluppo, e per evitare conflitti onerosi e dolorosi, venga vivisezionato nei suoi contenuti reali, sgombrando il campo dagli aspetti favolistici e dalle manifeste mistificazioni.
Per offrire un contributo al dibattito che si è aperto dichiariamo tranquillamente ma fermamente la nostra idea. Noi sosteniamo che, per quel che dice e per le enormi lacune, pubblicamente dichiarate, il progetto in questione deve essere al più presto accantonato. La pre-fattibilità, nonostante lo stuolo di tecnici, committenti e sostenitori istituzionali, è stata considerata conclusa benché ignorasse del tutto quello che succederà dal momento in cui i container usciranno dal tunnel. Un atteggiamento ad un tempo arrogante e stupido.
In ogni caso, per la posta in gioco, e per non ridurre a pura burla la democrazia, è indispensabile che l’intera istruttoria sia pubblica e partecipata. Partecipata innanzitutto da coloro che negli ultimi trent’anni hanno tenacemente impedito che il territorio della Valle dell’Orba venisse distrutto dai delocalizzatori delle industrie liguri ad alto impatto ambientale, nonché dalle nuove generazioni che debbono fare i conti con gli epigoni di quella e di più antiche stagioni, contrassegnate dal vizio originario della colonizzazione e dell’affarismo, sotto il segno dello sfruttamento delle risorse naturali e umane. Adesso basta: abbiamo già dato.
(Pier Paolo Poggio)