Diversità/1 – Spaventosa e violenta la Genova di Ndiawar

Il primo effetto della manifestazione organizzata dalla comunità senegalese, che sabato 11 novembre ha attraversato le vie del centro, è che il lunedì successivo via Prè era blindata da posti di blocco e intersecata da pattuglioni. Chiusi nelle loro case i migranti della zona – convinti che quello non fosse giorno per circolare sia pure nel proprio quartiere e con i documenti in regola.


Ricacciati in casa, dopo aver conquistato, per un attimo, la scena pubblica. “L’opinione pubblica” cittadina (Secolo XIX e Repubblica di domenica 12 novembre) che si era appena accorta della manifestazione di sabato, non ha dato conto degli effetti del lunedì. Un quartiere assediato dalla polizia, se popolato di senegalesi, non fa notizia.
La manifestazione di sabato 11, era stata indetta dalla comunità senegalese per solidarietà e chiedere la liberazione di Ndiawar, un giovane senegalese. Le testimonianze raccolte nel quartiere dicono che Ndiawar è stato vittima di una provocazione che si è trasformata in aggressione di fronte al suo rifiuto di consegnare il suo cellulare. Ndiawar è al momento ricoverato all’ospedale (10 giorni di referto), in attesa di finire in carcere. In un volantino che hanno distribuito durante la manifestazione i senegalesi hanno denunciato la sistematicità di episodi dello stesso tenore. “A qualunque ora del giorno e della notte – recita il volantino – i poliziotti entrano in casa, bussano, se non apri sfondano la porta. Per prima cosa chiedono i documenti e perquisiscono la casa senza nessun mandato. Prendono la merce da vendere senza scrivere il verbale, o si prendono orologi e cellulari con il pretesto che non hai lo scontrino. Loro, quando cercano, guardano in tutta la casa, camminano sui vestiti, aprono cassetti e valigie, e se li trovano prendono anche i nostri soldi. Se resisti ti picchiano. Se ti fermano in strada e ti portano in questura, non ti restituiscono mai il cellulare. A volte, anche se hai i documenti, ti caricano in macchina per farti paura, e ti fanno scegliere se andare con loro o lasciargli la tua roba. Se ti dicono che sei uno spacciatore e non ti trovano droga addosso, te la mettono loro in tasca…”
Affermazioni quelle del volantino che alludono senza mezzi termini a pratiche inquietanti e forse all’esistenza di un racket. D’accordo che i senegalesi non fanno (quasi) notizia ma qui ci sono parole che la meriterebbero. O no?
Jeff Quil