Categoria: Diritti umani

  • Razzismo – La differenza tra noi e loro

    Prima pagina, 15 marzo. La persona che telefona è sincera, disarmante. Commenta l’atto di violenza avvenuto a Roma, il gruppo di una quindicina di ragazzi che ha sfasciato un call center bengalese, ferito quattro persone, urlato frasi razziste, senza dimenticare, alla fine, di rubare alcune centinaia di euro. Mentre l’ascoltatore parla prendo appunti, ne vale la pena. Dice testualmente: “Certo è un atto di violenza, ma bisogna vedere le motivazioni …”

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  • Cultura – Non chiamarmi zingaro

    Genova, Teatro Duse, sabato 6 marzo. La scena è vuota. Non ci sono oggetti. Non una sedia. Non un colore, a parte il nero. La platea si riempie lentamente, soprattutto di ragazzi. Giovani sulla ventina.
    Lo spettacolo ha girato l’Italia e chi lo reciterà non si è limitato ad interpretare un testo. Ma ne è l’artefice. Perché prima di scriverlo ha viaggiato l’Europa e ha registrato voci, ne ha fatto un libro (Pino Petruzzelli Non chiamarmi zingaro Ed. Chiarelettere Euro 12,60) e le ha interpretate.
    L’attore consegna alla platea il suo diario di viaggio e il testo teatrale è l’occasione che porge al pubblico per capire cosa sia significato ieri e cosa significhi oggi essere rom in Italia e in Europa.

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  • Migranti – Interazioni

    Interazione è parola densa. E’ parola giusta. Rappresenta soggetti che interagiscono, soggetti che stanno sullo stesso piano o almeno che aspirano allo stesso piano. Che si pongono sullo stesso piano di uguaglianza fondativa, che abitano lo stesso spazio–mondo e si muovono nel comune spazio-tempo, pur a partire da luoghi distanti e da collocazioni nei fili della storia, differenti per spessore, colore, nodi, tragitti.

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  • Primo marzo – A Genova il paese che cresce

    Un fiume di gente. Alle sei di sera non era immaginabile. Alla Commenda sembrava ci fossero i soliti. Quei genovesi testardi che alle manifestazioni di piazza “in difesa di” testimoniano la loro esistenza politica, immigrati e genovesi stranieri insieme. E poi bambini, palloncini gialli ad incorniciare gli interventi al microfono prima di partire in manifestazione. Poi il corteo, avanzando verso il centro, si è riempito e le persone si sono aggiunte una dopo l’altra unendosi ai soliti. Quelle persone parlavano tutte la stessa lingua (galleria di immagini).

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  • Eluana Englaro – L’oscenità al potere

    “Una parola oscena”: così Mina Welby, al microfono del Tgr Liguria, definisce l’esibito rammarico del Premier (“Non sono riuscito a salvarla”) per la fine della non-vita di Eluana Englaro, a un anno esatto di distanza. Definizione tristemente perfetta: osceno quel rinnovare l’uso strumentale, a fini di bassa politica, di un indicibile dolore personale e familiare, degradando un’occasione di riflessione ad una cinica commemorazione del proprio “amore” politico per la “vita” reso impotente dal partito dell’ “odio” cultore della “morte”.

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  • Salute mentale – Un cono d’ombra nel filmato su Basaglia

    Un bel vedere, finalmente, Franco Basaglia in televisione, in prima serata, nello spazio riservato alla sterminata platea di teleutenti, comodamente seduti nelle loro tiepide case. Una bella storia, ben raccontata, felicemente recitata, articolata con tempi e cadenze credibili. Un filo rosso, ben visibile, che si dipana dal groviglio e si disseppellisce dalle nebbie, ci restituisce il senso della riuscita lotta di un manipolo di coraggiosi e sapienti contro uno dei luoghi più emblematici dell’esclusione sociale delle persone più fragili, colpevolmente sequestrate in un mondo di umiliazione e violenza.

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  • Giornata della memoria – Parlando con Liana Millu

    Liana Millu è stata una mia cara amica. Negli ultimi anni della sua vita, fino a poco prima di morire, avevamo consacrato l’abitudine di incontrarci ogni quindici giorni, più o meno, e parlare dei nostri affanni, prima di tutto, e poi di come girava il mondo, di politica, di Genova, di libri e di poesia.
    Insomma di tutto il parlabile, seduti su due comode poltrone eleganti e di giusta misura, spesso nel calar della luce del tramonto, che quando giungeva il momento veniva sorretta dallo splendore caldo di una lampada posta alle spalle di Liana.

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  • Lavoro – Carceri, politica e classe operaia

    Capita di leggere un giornale, e provare una fitta al cuore. Così con un titolo su La Repubblica del 26 novembre: “Preferiremmo le crociere, ma fateci costruire le galere”, riferito alla lettera che 300 lavoratori della Fincantieri “preoccupati da un futuro sempre più critico e pronti, pur di lavorare, a costruire anche le carceri galleggianti” avevano consegnato a Marta Vincenzi. La proposta di navi prigione per fronteggiare la sovrappopolazione nelle carceri era del ministro Alfano, e la sindaco l’aveva definita “incivile”.
    Poi il giudizio di “inciviltà” è sfumato. Contano, a quanto pare, le coordinate geografiche: “Il no alle carceri galleggianti riguarda la loro eventuale collocazione a Genova, e non certo l’ipotesi che a realizzarle sia Fincantieri nello stabilimento di Sestri Ponente” (Marta Vincenzi, Corriere Mercantile del 29 novembre); “Noi non abbiamo nessun problema rispetto alla costruzione, – ha precisato l’assessore comunale Mario Margini – tocca poi al governo indicare le soluzioni su dove collocarle” (La Repubblica, 19 dicembre).

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  • Diritti umani – Emergenza civiltà

    A Cosenza, il prefetto emana un ordine di espulsione nei confronti di un gruppo di rom rumeni colpevoli di essere poveri e di sopravvivere in baracche. Stando a quanto scrive l’appello redatto dall’Associazione Sucar Drom, la motivazione del prefetto è: “perché i rom costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave all’incolumità pubblica.”
    A Roma viene sgomberato il campo Casilino 900 con un plateale dispiegamento di forze mentre le ruspe passano sopra a tutto ciò che i rom non sono riusciti a portare con sè.
    Sono appena tornato dal quartiere napoletano di Ponticelli dove 400 rom rumeni vivono confinati in un terreno tra rifiuti, topi, baracche con tetti in eternit e con un tasso di tubercolosi che sfiora l’80%; l’unica acqua che arriva è quella portata dal tubo di un privato cittadino e a sue spese.

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  • Cinema – La scena del crimine secondo Michael Moore

    Tra le ultime uscite nelle sale cinematografiche va segnalato l’ultimo film di Michael Moore, perché ha il pregio di far vedere sullo schermo quello che i più informati hanno potuto leggere su alcuni giornali, in internet e da alcune trasmissioni radio.
    Capitalism: a love story è il racconto di quello che è successo negli USA negli ultimi anni, ed è una cronaca commovente, spietata ed ironica. Michael Moore fa quello che è bravo a fare: mettere in scena la vita dei più deboli, ponendosi domande alla ricerca di responsabilità. E se in Sicko, il film precedente, i deboli erano le persone prive di assistenza medica, in questo si riportano le conseguenze dell’enorme collasso finanziario americano sulla gente comune.

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