Categoria: Lavoro

  • Sicurezza – Gli operai invisibili e le guardie rosse

    Garabombo, comprueba que después de todo no es tan fácil dejar de ser invisible (*)
    Porto di Genova 13 aprile 2007, solo 10 mesi fa moriva Enrico Maria Formenti, 35 anni, sposato con due figli. La tragedia di sempre con il seguito di dolore, rabbia e gli impegni (di sempre) delle autorità. Ma quella volta sembrò che il seguito sarebbe stato diverso. Un accordo tra tutte le parti interessate, raggiunto il 14 maggio, avrebbe finalmente dovuto cambiare le cose in meglio. Prevedeva l’istituzione di un “Sistema operativo integrato” (coordinato dall’Asl) di monitoraggio e di controllo delle attività portuali e la creazione di un coordinamento di otto lavoratori distaccati dai terminal per occuparsi di prevenzione sulle banchine. Distacchi che avrebbero dovuto essere pagati da una piccola sovrattassa sulla merce (Secolo XIX, 16 maggio 2007).

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  • Siderurgia – Imprenditori illuminati e morti oscure

    Durante la puntata di “Anno Zero” del 13 dicembre scorso, oltre al collegamento da Torino con gli operai della Thyssenkrupp, sono stati intervistati un uomo ed una donna, colpiti da gravi lutti.
    L’uomo ha perso il figlio di circa 24 anni, operaio dell’Ilva di Taranto e la donna il marito, caposquadra in una ditta appaltatrice che lavora nello stesso stabilimento.
    Hanno raccontato il loro dolore in maniera dignitosa e lucida come solo sa fare chi agisce per conto e in memoria dei propri cari: in Ilva, società a PP.SS., i lavoratori venivano addestrati nella scuola siderurgica per due anni;oggi l’Azienda, privatizzata (Gruppo Riva), per l’addestramento dedica 40 ore; i lavoratori possono essere sottoposti a ritmi di lavoro e turni pesanti , tanto che si contano numerosi infortuni, di cui alcuni mortali.
    40 sono i morti dal 1993, una media di 2 o 3 l’anno, vittime di lavoro, silenziose, che spesso non hanno voce né in tv né sui quotidiani giudicate “fisiologiche” per una fabbrica di quelle dimensioni e natura.

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  • Privatizzazioni – Le “morti fisiologiche” passate e future

    “Morti fisiologiche”. Così sono stati definiti – secondo quanto riferito da “Anno zero” giovedì 13 dicembre – i numerosi decessi dell’Ilva di Taranto. La frase – degna di un generale – è solo cornice ad un evento, quello torinese, nel quale di decessi se ne sono contati cinque.
    Nell’imbuto siderurgico l’informazione mette tutto: lavorazioni – freddo, caldo – addetti e società, ricordando a tratti che il costo che viene pagato oggi è quello dovuto alle privatizzazioni, nelle quali il profitto risponde al capitale investito. La frittata, a girarla all’infinito, mostra la stessa faccia da entrambi i lati. E la domanda che tutti si dovrebbero porre è: a chi è giovato?

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  • Quaderni.net – Il Museo degli operai a Genova c’è (o quasi)

    Tutti sanno del 2004 e di Genova – in quell’anno – “capitale della cultura”. Più difficile che qualcuno ricordi il gruppo di operai e tecnici che – scherzosamente ma non troppo – aveva deciso di progettare un “museo degli operai” da affiancare alle altre manifestazioni in corso in città (OLI n.109).

    Ne avevano discusso – nel 2004 – durante una decina di incontri, tra una portata e l’altra, nell’atmosfera conviviale di altrettante trattorie poste attorno alla città. Dieci incontri di cui – su richiesta dei compagni di tavola e di progetto – Manlio Calegari ha steso una sorta di verbale. Si intitola “Il museo degli operai” ed è il resoconto di una lunga, appassionata discussione dove la ricerca delle “cose” da mettere nel museo, si intreccia con le rispettive storie personali. Sullo sfondo, ma non troppo, la congiuntura economica e politica del dopoguerra. Chi vuole saperne di più lo trova sulla rete quaderni.net (http://www.quaderni.net/WebMuseo/MuseoIndex.htm)

  • Rapporto Inail – Fatalismo duro a morire sulla piaga-infortuni

    Il 5 dicembre tradizionale appuntamento per il rapporto annuale dell’Inail.
    Vengono esibite le analisi e i grafici. E, come sempre, viene proposta la fotografia globale: i dati dell’occupazione, il numero degli infortuni denunciati, di quelli riconosciuti, il tasso infortunistico, quello grezzo e quello normalizzato, il numero degli infortuni mortali. In Liguria e nelle province.
    Anno dopo anno queste fotografie si accumulano e non permettono di capire: difficile trovarci un bandolo. Si, il tasso di infortunio diminuisce, ma quanti dovremmo aggiungerne se potessimo contare tutti quelli non denunciati?
    Gli infortuni mortali, in compenso non diminuiscono affatto, e quanti dovremmo aggiungerne, se contassimo i morti per malattia professionale?

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  • Acciaierie – Le fontanine dell’Ilva al cimitero di Taranto

    Da L’Unità 2 novembre 2007: “Una fontana al cimitero di Taranto: così l’Ilva si lava la coscienza” – La rabbia dei parenti degli operai morti per malattie professionali: “L’azienda offre l’acqua per i fiori dei nostri cari”.
    Sandra Amurri scrive che “a Taranto è come se ci fossero state due Seveso” e ripete l’appello di Patrizio Mazza, primario di Ematologia Oncologica dell’ospedale Moscati di Taranto: “Se quella fabbrica non chiude si muore tutti!”.
    E per tutti, ce n’è d’avvero: diossina, modificazione del Dna, mortalità per neoplasia molto superiore alla media. Colpa degli impianti – dice l’articolo – che “per continuare ad operare devono essere in possesso dell’AIA” (Autorizzazione Integrata Ambientale).

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  • Acciaio – Prove di lettura del rebus Ilva

    “Caro Prefetto, venga all’Ilva”. Riva scrive a Romano: vedrà che gli impegni sono rispettati (Repubblica-Lavoro, 28 agosto 2007). Proviamo a fare il punto sulla colata di parole apparse sulla stampa locale negli ultimi due mesi in merito alla questione acciaio.

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  • Studi di settore – Pagare tasse senza guadagnare

    In epoca di dichiarazione dei redditi assisto ai disagi fiscali, sconfinanti nel dramma, dei miei giovani amici con partita IVA. Tre architetti sui trenta anni, tutti ex compagni di corso che oggi svolgono, in diversi studi professionali, un lavoro oggettivamente dipendente per redditi netti che si aggirano sui 1200 euro al mese, ed una grafica che sbarca il lunario affiancando alla sua attività libero professionale quattordici ore settimanali di supplenza in due scuole (una pubblica e una privata), per un reddito complessivo sui 1900 euro mensili.

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  • Lavoro – La sicurezza non si fa sui giornali

    Ho lavorato per un po’ di anni in sicurezza, avendo seguito la Direttiva Seveso sui rischi di incidenti rilevanti, fino a vedere l’invenzione della 626/94 con la quale condivido la data di nascita (…), e tutta la normativa conseguente, sia impiantistica che organizzativa.
    Volendo riassumere, l’importante oggi in Italia è che ci sia un responsabile dell’infortunio, non che il ferito venga evitato. Altrimenti non si capirebbe come mai nei cantieri si continui a lavorare col morto, come si fa a briscola chiamata.

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  • Informazione – La sicurezza sul lavoro non fa notizia

    Una accusa che viene spesso rivolta ai giornali è quella di accendere per un breve periodo una luce su un argomento, perché sollecitati da un evento eccezionale, per poi spegnerla poco dopo e dimenticarsene fino alla prossima emergenza, o evento eclatante. Tipico, si direbbe, il tema degli infortuni sul lavoro soggetto a flash di attenzione in occasione dell’incidente che per le modalità del suo accadimento “attira” l’attenzione generale, per poi tornare rapidamente nella indifferenziata ed anonima routine dei tre, quattro infortuni mortali al giorno.

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