Porto – Perché tanto livore verso la compagnia

“Paride, perché questi rivoli d’odio verso la Compagnia?”. La domanda la rivolge Fausto Bertinotti, a Paride Batini, durante i funerali di Fabrizio Cannonero (5 marzo ’08). Nell’occasione (Secolo XIX 6 marzo) il presidente della Camera “può piangere finalmente come tutti” perché “liberato dall’assenza di telecamere e fotografi”. Che infatti, per accordi intercorsi, riprendono la scena del funerale dalla sponda opposta del Bisagno. Ma non abbastanza lontani per “la squadra di portuali picchiatori” che disinteressata ai funerali raggiunge gli operatori televisivi, li malmena danneggiando le loro telecamere per poi rientrare soddisfatta nel gruppo.


Ma chi ce l’ha con la compagnia? Dalla mattina seguita alla morte di Cannonero, tutti i gesti e le dichiarazioni della Compagnia sono state un atto di accusa verso le istituzioni, colpevoli di non proteggere il loro lavoro; contro i “signori del porto”, controparte inafferrabile di una condizione di lavoro sempre più difficile; contro i cittadini accusati di insensibilità. Il blocco dei varchi portuali non limitato alle merci ma che ha impedito l’accesso delle vetture dei viaggiatori ai traghetti rappresenta bene il rapporto di insofferenza che i portuali hanno da tempo con la città. Una città che – dicono (Secolo XIX 7 marzo) – non li capisce e che si accorge di loro solo quando muoiono in banchina mentre assiste indifferente alla “campagna mediatica che cerca di massacrare la Culmv”. Così dal primo giorno (Secolo XIX 1° marzo): “Sfila in silenzio la rabbia dei camalli” che “non vogliono essere fotografati né intervistati”. Che si dichiarano “dimenticati e calpestati” e accusano “la politica che non fa le regole e quella che non le applica” e il sistema mediatico che “continua a dipingerci come privilegiati mentre siamo costretti a fare 30 turni al mese per pagare l’affitto”.
A smentirli c’è però l’emozione della città, solidale e non da oggi con la popolazione del suo porto e gli articoli apparsi sui quotidiani a partire da sabato primo marzo: sensibili e impegnati a capire la sempre maggiore complessità dei modi di operare del porto e le difficoltà che incontrano gli organi preposti alla sicurezza.
Una ricerca di chiarezza a cui la Compagnia reagisce con insofferenza. Siamo le vittime eppure venite a fare le pulci a noi, dicono alla Compagnia. “Soffriamo il confronto, anche quello interno” ha detto un vecchio socio ormai in pensione. A marzo 2007, a San Benigno erano comparsi cartelli intimidatori (“infame”, “okkio al kranio”) indirizzati ad alcuni portuali che, intervistati, avevano criticato la attuale gestione della Compagnia. Più di recente due soci sono stati sospesi per la stessa ragione. Ora però la parola passa ai fatti. I quotidiani dell’8 marzo ’08 hanno annunciato che il famoso protocollo sulla sicurezza, grazie alla laboriosa mediazione del prefetto, è stato definitivamente approvato. Difficoltà e inadempienze superate: gli otto avranno campo libero anche alle banchine private. I terminalisti si sono dichiarati d’accordo e hanno firmato. Ha messo la sua firma anche la Compagnia che, come aveva detto il nuovo presidente dell’Autorità portuale (quotidiani del 3 marzo ’08) non l’aveva ancora sottoscritto.
(Manlio Calegari)