Il Papa a Genova: un nuova caso Sapienza?

In relazione alla prossima visita del Papa alcuni giornali hanno diffuso notizie riguardanti iniziative promosse da centro sociali, associazioni e gruppi politici locali. Hanno fatto anche confusione evocando, a proposito dell’intervento di alcuni docenti dell’Università di Genova, il “rischio di un nuovo caso Sapienza”. La lettera del prof. Gibelli è un’opportuna precisazione.
Un gruppo di studenti ha chiesto a me e ad altri colleghi di appoggiare la loro richiesta di uno spazio universitario nel quale tenere, in concomitanza con la visita del Papa a Genova, una libera discussione sul ruolo attuale della Chiesa cattolica e sulla difesa della laicità dello stato. Una richiesta sacrosanta (se non si discute liberamente e laicamente all’università, allora dove?) che ho approvato con un breve messaggio, anticipando che per ragioni personali molto probabilmente non avrei potuto prendere parte a tali discussioni. Tutto qua. Ho appreso successivamente di documenti più ampi e di proposte di cortei di contestazione. Non importa che approvi o disapprovi tutto questo: semplicemente non l’ho sottoscritto.


Niente a che fare, in questo episodio, con la vicenda romana della Sapienza. Là si trattava dell’invito rivolto al Papa a tenere il discorso di inaugurazione dell’anno accademico. L’unica cosa veramente scandalosa in quel caso è stato l’indegno linciaggio a cui sono stati sottoposti alcuni colleghi per avere espresso una critica su questo punto ritenendo l’iniziativa inopportuna. Qui si tratta invece della visita pastorale del Papa a una città e ai suoi fedeli, che hanno tutto il diritto di incontrarlo in santa pace. In questo senso ha ragione Don Gallo: se qualcuno non desidera incontrare il Papa, nessuno lo obbliga.
Allo stesso modo dovrebbe essere sempre garantito il diritto di chiunque e esprimere il proprio dissenso nei confronti di chicchessia, purché in modi pacifici e urbani. Personalmente penso che se la Chiesa cattolica non avesse dato ripetute prove di invadenza nella politica quotidiana, presentandosi come forza di parte anziché come portatrice di un messaggio universale, non sarebbe continuamente esposta a gesti di contestazione. Se si vuole il rispetto dovuto a un’autorità spirituale superiore, bisogna meritarselo mantenendo questo profilo. Se si entra in politica tutti i giorni col favore e l’ossequio conformista dei mezzi di comunicazione di massa, non si può chiedere un trattamento speciale: bisogna accettare il confronto anche vivace e persino irriverente.
Genova, 5 maggio 2008
(Antonio Gibelli)