Italia-Libia – Meno clandestini e più petrolio

Ecco una favola di Natale. Poniamo caso che siate i signorotti di un castello con un enorme problema: attraverso il ponte levatoio di un castello vicino, si riversano a chiedere asilo nella vostra magione orde di disperati, in fuga da massacri e povertà. Il padrone del castello vicino è un truce tiranno, che effettua scorribande nei Paesi vicini per estorcere denaro, che attua soprusi documentati, torture, che si è sbarazzato di migliaia di persone lasciandole a morire nel deserto. Insomma, un delinquente, un poco di buono. Voi, che fate?
Se la risposta è “Ignoro totalmente la massa di disperati che vagano nel mio palazzo, facendo conto che non ci siano, e copro di regali e denaro il poco di buono purché si liberi dei disperati prima che arrivino da me”, allora avete l’acume politico necessario per leggere gli ultimi accadimenti di politica estera (ed interna) italiana.


Pare ormai saldo il sodalizio Italia-Libia, che ultimamente si è arricchito di nuove tappe. Ai principi di questa estate risaliva infatti la conferma che l’Italia avrebbe finanziato sofisticati sistemi radar e satellitari per bloccare le frontiere libiche a sud (confermando un’alleanza posta già dal precedente governo); pochi mesi dopo, ad agosto, il premier italiano firmava a Bengasi un patto di «amicizia, partenariato e cooperazione» che prevede il risarcimento di 5 miliardi di euro alla Libia, spalmati su vent’anni, accompagnati dalle scuse per le offese portate durante il periodo coloniale. In cambio ci sarebbero l’attuazione del pattugliamento congiunto sulle coste libiche ed una maggiore penetrazione delle imprese italiane nello sfruttamento del petrolio e del gas libico. La faccenda viene riassunta, dal premier italiano, in questa formula “Meno clandestini e più petrolio” (Corriere della Sera, 30 agosto 2008). Ma i doni per la Libia non finiscono qui. Ad ottobre Gheddafi diviene il secondo azionista di Unicredit, al 4,3%, mentre all’inizio di dicembre acquista a prezzi stracciati le azioni di Eni, e le fonti ufficiali della Farnesina fanno sapere che si tratta di una condizione dell’accordo di Bengasi (http://diarioelettorale.ilcannocchiale.it/?TAG=gheddafi).
In sintesi, Gheddafi si rivela un uomo chiave per il governo italiano, sia per gestire uno scottante problema di politica interna, l’immigrazione, che come alleato economico dall’ampia disponibilità di capitale.
D’altro canto però l’assenza di tutela dei diritti umani fondamentali fa si che la Libia sia classificata come “paese non libero”, secondo i criteri usati in Libertà nel mondo 2008 (il Rapporto annuale di Freedom House sulla situazione dei diritti politici e delle libertà civili paese per paese, www.freedomhouse.org).
Ma un vicino di castello di tal fatta a tutelare la sicurezza dei vostri confini, non vi sembra un tantino inopportuno?
(Eleana Marullo)