Migranti – Liste di proscrizione: i volenterosi complici degli aguzzini

I fatti risalgono ai primi di febbraio 2009 ma sulla stampa se ne è parlato solo a metà del maggio scorso (su Repubblica vari articoli tra il 20 e il 25 maggio). A Genova una preside che si presenta nelle aule di tre istituti superiori ai quali sovrintende (Einaudi, Casaregis, Galilei) e dice “dite al vostro compagno o alla vostra compagna tale dei tali che se non si presenta coi documenti le mando i carabinieri a casa”. Per maggiore chiarezza, l’elenco dei destinatari interessati al messaggio compare anche sulla lavagna. Pochi giorni dopo, il 16 febbraio, una sessantina (molto meno della metà!) di docenti di quegli istituti sottoscrive una protesta: chiedono spiegazioni dell’inusuale comportamento.


Parte una inchiesta amministrativa dai tempi blandi: perché il tempo, si sa, è la migliore medicina. L’ispettore arriva a maggio quando i fatti ormai sono trapelati e dichiara che sì, forse dei nomi sulla lavagna la preside poteva fare a meno; meglio sareb be stato chiamarli uno per uno… In ogni caso – ha precisato – era fuori discussione la “buona fede”. Proprio la “buona fede” avrebbe suggerito alla preside, di dare ex cathedra una lezione di educazione civica, umanità, dignità e lealtà alle istituzioni che lei stessa rappresenta, scrivendo sulla lavagna i nomi dei cattivi, gli inadempienti. Un semplice promemoria, si è difesa lei; semplicemente una “modalità eccessiva”, hanno osservato colleghi e colleghe cerchiobottiste. Poi, a oltre due mesi dai fatti, la cronaca se ne è impossessata complice le interrogazioni politiche. Così per qualche giorno poi il fatto – così faticosamente emerso (oltre due mesi! Come mai?) – è di nuovo scomparso. Chissà come concluso.
Scuole e ospedali: istituzioni e servizi, luoghi principe con cui una società si presenta ai cittadini, luoghi di affermazione dei diritti fondamentali: la salute, l’istruzione. Luoghi che per definizione hanno il segno dell’universalità, della collaborazione, della pace dove si va per guarire, per imparare, prima di tutto a stare insieme.
Cosa succede? Succede che l’uso martellante, ossessivo, strumentale del tema della sicurezza ha aperto la strada alla legittimazione del razzismo, alla sua legittimazione morale. Quella che permette ai singoli di metterci del proprio: non importa se per imbecillità, tornaconto, viltà o altro del genere. I soldati tedeschi che la mattina del 16 ottobre del 1943 a Roma, deportarono dal ghetto oltre mille ebrei per spedirli alla morte avevano in mano elenchi dattilografati che erano stati compilati, ben prima del loro infame progetto, da solerti impiegati dell’anagrafe romana. Più recentemente il quotidiano tedesco Der Spiegel – ripreso dal Secolo XIX 18 maggio 2009 – con una approfondita inchiesta ha mostrato come lo sterminio di massa degli ebrei è stato reso possibile dalla collaborazione, in Germania e in tutti i paesi alleati o occupati, da centinaia di migliaia di complici. Aguzzini per scelta, per cultura, per imbecillità; non fa differenza.
(Manlio Calegari)