Ambiente – La politica e il consumo di territorio

“Mi capita a volte di andare a vedere che cosa è stato realizzato e mi chiedo che cosa è successo” così esordiva Franco Lorenzani, direttore della commissione urbanistica della Regione Liguria all’incontro sulla “Trasformazione dei paesaggi italiani” di marzo 2010, e proseguiva lamentando che questioni burocratiche, contesti di forte contrasto, “sistema di vincoli” in realtà frenano il lavoro e il controllo della pubblica amministrazione. Citando come esempio il porticciolo di Imperia, che diverrà il più grande del Mediterraneo, “la cui realizzazione è andata al di là degli intenti”. Che monelli, Caltagirone e i suoi soci ponentini.


Analoga tesi ribadisce nuovamente il succitato architetto al convegno Legambiente del 27 aprile u.s. sul consumo di suolo, rispondendo a Paolo Pileri, Politecnico di Milano, ingegneria del territorio e dell’ambiente, che sottolineava come soltanto in 5 regioni italiane, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Friuli esista un monitoraggio del territorio.
Dunque le responsabilità sono altrove, sostiene il funzionario. Interessante: chi ha permesso in Liguria l’assalto dalla costa all’entroterra, alla nuova libecciata di cemento come negli anni ’50? Come mai non si è ancora varata la legge sulla valutazione d’impatto ambientale, VAS, o il piano paesistico per la Liguria? Alla faccia del Titolo V° della Costituzione che delega alle regioni la tutela del territorio.
Gli scandali di questi giorni conducono spesso al mondo dell’edilizia privata e pubblica. “L’Osservatorio nazionale sui consumi di suolo” ha rilevato che in Italia si va affermando sempre più la città “diffusa”, ovvero edifici, strade, infrastrutture, spalmati dappertutto. Negli ultimi vent’ anni consumati 10 ettari (10mila mq) al giorno in Lombardia, tanto quanto 14 campi da calcio, in Emilia Romagna 8 ettari e poco meno di un ettaro in Friuli. Aree tra le più urbanizzate con modello pianura padana, costellata di capannoni, villette, centri commerciali: in Lombardia si raccolgono firme per una proposta di legge popolare contro.
Anche se paiono essere i boschi ad avanzare, in realtà sono terreni agricoli, prati e colline a scomparire. Così si continua a edificare il nuovo, a riempire spazi vuoti.
La nuova urbanizzazione cresce quanto più ci si allontana dal centro delle città, intensamente nei piccoli comuni: irresistibili gli oneri di urbanizzazione introitati nella spesa corrente, monetizzati per necessità e per avidità, neppure riconvertiti in servizi per la comunità.
Una pianificazione urbana dovrebbe prevedere e provvedere prima a mezzi pubblici, scuole, infrastrutture e poi concedere l’edificazione come avviene in altri paesi d’Europa, mentre in Italia cattive abitudini e mancanza di servizi fanno muovere in auto individualmente ogni giorno migliaia di persone. Un’elevata mobilità con conseguenti consumi energetici, dispendio di risorse e di tempo non dedicato a sé, alla famiglia, al lavoro.
Così nella nostra città si faranno gli Erzelli, con forti contributi regionali, idea meravigliosa di cittadella della conoscenza e della tecnologia, ma ancora oscure sono le vie per raggiungerli.
Slow, la pianificazione del territorio o della mobilità nell’intreccio di competenze fra enti: vedi il piano paesistico regionale che, dopo un intero mandato, non s’è ancora visto, confidiamo nei prossimi 5 anni. Oppure il PUM (piano urbano di mobilità) di Genova, appena approvato, tempi di applicazione speriamo nel biennio.
In compenso è stata licenziata la legge regionale su ”La salvaguardia della costa”, sottolineava compiaciuto il funzionario. Quando in ogni golfetto possibile ormai è stato progettato il porticciolo di turno.
www.stopalconsumoditerritorio.it
(Bianca Vergati)