Comunicazione – Non contano solo le parole

Non è facile spiegare il perché del senso di disagio e di irritazione che mi provocano i 30 secondi dello spot radiofonico (*) della campagna di comunicazione governativa che intende “Sensibilizzare le imprese e l’opinione pubblica ad un approccio più sereno e non discriminatorio nei confronti dei malati di cancro, in particolar modo nel contesto lavorativo”. Infatti non c’è nulla – o quasi – da dire sulle parole pronunciate: si tratta semplicemente di informazioni sulla possibilità dei malati oncologici di trasformare temporaneamente il loro rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Ma la comunicazione non passa solo attraverso le parole, contano i messaggi non verbali, e in questo è la voce che fa tutto, una voce femminile talmente malinconica da trasmettere una tristezza e un senso dell’ineluttabile che contraddicono alla base l’intenzione dichiarata di incoraggiare e rasserenare le persone colpite da questa malattia.


Si doveva forse scegliere un tono giocoso per un argomento comunque serio, e molte volte (ma non sempre, e per fortuna sempre meno frequentemente) drammatico?
No di certo, ma che bisogno c’era di caricare emotivamente questo messaggio? Perché non scegliere la cifra della neutralità? Che mentalità c’è dietro alla decisione di spingere sul pedale emozionale senza tenere conto delle risonanze che questo può provocare a seconda della situazione soggettiva ed oggettiva delle persone?
La normativa a cui si riferisce la campagna di informazione governativa non è recente: si tratta di alcune modifiche alla regolamentazione sul lavoro a tempo parziale introdotte nel 2003 e poi perfezionate nel 2007 con l’art. 1, c. 44 lettera d della Legge 24 dicembre 2007 n. 247 (**) per permettere ai “Lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita … la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale”.
Una normativa che è opportuno ricordare e promuovere senza patetismi, ma che forse sarebbe ancor più opportuno modificare. Cosa ne è infatti di chi soffre di altre e gravi patologie? E cosa ne è – mi suggerisce una amica – del “precario oncologico”?
I canali della tutela in Italia sono sempre meno comunicanti, e un numero crescente di persone resta all’asciutto.
(*) http://www.palazzochigi.it/GovernoInforma/campagne_comunicazione/malato_oncologico/Malato%20oncologico.mp3
(**) http://www.lavoro.gov.it/nr/rdonlyres/91f5df3d-3896-427e-9603-104ce3e6100a/0/20071224_l_247.pdf
(Paola Pierantoni)