OLI 379: TEATROGIORNALE – Accerchiamento
Da repubblica.it: Disoccupazione giovanile, Mario Draghi: “Minaccia per la stabilità sociale”
Autobus numero 20, città di Genova, 24 maggio 2013, ore 13.30.
Due signori coi baffi, la camicia e il cappello. Corpulenti e non più giovanissimi sono seduti in fondo, sopra la ruota di sinistra guardando il guidatore. Uno dei due signori si protegge col palmo della mano destra il braccio mentre una borsa lo aggredisce. Si gira verso l’altro signore, si riconoscono e si sorridono.
A -Classe 36
B -Classe 41
A -Un ragazzo!
B -Ma mio fratello è del 36. Io sono il più giovane.
L’autobus si ferma, dei ragazzi entrano ridendo: ridono perché c’è puzza di pollo, ridono perché c’è caldo mentre stamattina c’era freddo, ridono perché non riescono a timbrare il biglietto.
A -Siamo accerchiati
B- Aumentano sempre di più
A- Se dovessero uscire tutti assieme, se dovessero organizzarsi e andare tutti per strada, in una stessa piazza, ci annienterebbero.
B – Per fortuna che non si riproducono.
A- Crede? A me sembra che si stiano riproducendo, vedo carrozzine ovunque, donne con la pancia che pretendono il mio posto sull’autobus.
B -E che poi non c’è lavoro e quindi vanno a rubare
A-O a drogarsi.
B -E gli aperitivi? Se vede queste ragazzi, bevono e mangiano schifezze.
A-E poi si vanno a drogare.
B-Tra un po’ non si potrà più girare per la strada.
A-Certo, vorranno le nostre pensioni, le nostre case.
B-Io ho sempre lavorato, mentre questi non lavorano e vorranno anche una pensione?
A-O una casa?
B-Come possono fare figli senza una casa?
A- Senza un lavoro?
B- Infatti secondo me, ché ché ne dica lei, non si riproducono… poi muoiono per le droghe, gli incidenti stradali e queste nuove malattie. Moriranno prima di noi.
Due ragazzine poco più che tredicenni salgono sull’autobus. Una ha la pelle olivastra e parla velocemente, è un po’ gonfia come succede a molte neo adolescenti, ha i capelli neri e spessi tirati in una coda, una gonna jeans grossa e lunga fino a sotto il ginocchio, ha una giacca chiara di maglina e sotto una maglietta viola. La compagna è magra e vestita di chiaro, il suo inizio di adolescenza è accompagnato da una leggera peluria sopra il labbro. Parlano fitte fitte di qualche professore che si è arrabbiato per via di un’uscita al bagno. Non sono belle, sono in quell’età di mezzo in cui sono brutte sia come bambine sia come ragazze. E forse per questo ambigue. I due vecchi le guardano, intravedono quei seni acerbi, quei gesti a volte disordinati altre civettuoli.
B- A dire la verità lo spero.
A- Cosa?
B- Che muoiano.
Una delle due ragazze ridendo cade pesantemente addosso al vecchio più vicino. Subito si rialza preoccupata.
B – Ma no, la prego, si sieda signorina, io tanto scendo tra due fermate.
Le adolescenti rifiutano una volta, alla seconda prendono il posto del vecchio, una seduta sull’altra. Il vecchio sorridendo le guarda, gli occhi appesi a quelle scollature da educande. Le ragazze continuano a ridere di non si capisce bene di cosa, forse di niente, forse del volto del vecchio in piedi che ha distolto l’attenzione dalle loro magliette per guardare il soffitto dell’autobus, la bocca stravolta e un braccio sul cuore.
Il vecchio è rigido e alla prima curva cade sbattendo la testa.
(Arianna Musso – Foto da internet)
La ricostruzione mi sembra penosa, con tutti che cadono e guardan le scollature delle acerbe brutte, che fan pistolotti ad alta voce su come i giovinastri debban morire, e meno male che si drogano così muoiono!! Un esercizio di stile indegno del vostro giornale… Lei si fa interprete dei pensieri di vecchi bavosi fascistoidi e di ragazzine che ridono perchè sono giovani, e i giovani si sa che ridono per niente, no? A me pare che non ostante tutto la gente sia meglio di così… e sugli autobus giro tutti i giorni anch'io (pure sul famigerato 20).
Dario
Ha ragione ma, purtroppo, il racconto era tratto da un dialogo realmente ascoltato quella mattina sull'autobus e poi estremizzato a fini narrativi (ovvero nessuno è morto quel mattino sul venti). Da non crederci. Come è da non credere che nel nostro paese abbiamo una lotta generazionale in atto. Che non si faccia lavorare chi deve lavorare, ovvero chi ha venti, trenta, quarant'anni. E chi è che non li fa lavorare? Chi ha costruito questo paese e poi ci si è seduto al potere? Non certo vecchi bavosi che guardano nelle scollature, chi sta al potere va direttamente negli orfanotrofi dello stato e le fa prostituire. Così dice la magistratura. Ho trovato anche offensivo il modo con cui i giornali parlano dei problemi che porterà la disoccupazione "giovanile", quasi come se il problema non fosse l'escludere e precarizzare una grande fetta della popolazione e sopratutto il futuro della nazione, ovvero quella che esisterà quando loro (chi detiene il potere) saranno morti, ma sia che questi disoccupati li disturberanno in qualche modo, magari con disordini…
I ragazzini, sopratutto gli adolescenti ridono proprio perché sono adolescenti, li ascolti. E io vorrei che tutte queste risate caccino questa cappa di non speranza, di mancanza di futuro che aleggia sopra me e chi amo. Anche perché se smettono di ridere e urlano è peggio.
Sullo stile non mi difendo, il teatrogiornale è un esercizio che viene composto in maniera estemporanea tutte le settimane, a volte viene meglio, a volte peggio. Mi dispiace se non le è piaciuto, spero di far meglio la prossima settimana.
Per inciso, il teatrogiornale è un esercizio di stile che parte da un articolo di giornale e crea un brano narrativo, quindi il testo va letto alla luce dell'articolo citato.
Grazie per il suo commento
Arianna Musso