Dopo acciaio – A Cornigliano un set o un rettilario?

Sono piccole ma emblematiche le foto apparse nell’articolo del 28 marzo su Il Lavoro Repubblica dedicato al New deal di Cornigliano. In quella a sinistra il giovane Riva ha uno sguardo appagato. A destra Repetto, Burlano e Pericu porgono i bicchieri all’obbiettivo: brindano entusiasti alla ruspa, foto grande centrale, che abbatte alcune palazzine dello stabilimento siderurgico.


Dalle ceneri della fenice sorgeranno una nuova strada, moderni impianti siderurgici a freddo, una scuola, un distripark, nuove aree aeroportuali, un parco urbano, facendo diventare Cornigliano “un centro di richiamo internazionale”, così come è stato “per la ristrutturazione del porto antico”, spiega Burlando su Il Sole 24 ore dello stesso giorno. E su La Stampa aggiunge: “stiamo pensando non solo a soluzioni per il quartiere, ma anche ad una riqualificazione di rilievo internazionale. Ci prenderemo sei mesi per decidere e scegliere il meglio. Questo sarà il terzo lato di un triangolo che prevede Morego con l’Istituto Italiano di Tecnologie e gli Erzelli, dove è prevista una forte riqualificazione”. Su il Secolo XIX “il sindaco fa sapere che, di pari passo con la bonifica, andrà avanti una discussione di ampio respiro sul riuso delle aree che coinvolgerà grandi urbanisti e che approderà in consiglio comunale per la scelta definitiva”.
Infatti l’architetto fiorentino Andrea Casamonti “ha vinto il bando pubblico per disegnare il dopo acciaio” e nel progetto, oltre al parco, ci sono attività sportive ed una “vasca di canottaggio nel Polcevera”. A far da set a tutto questo, la suggestione di trasformare un capannone in “un centro di produzione e post produzione cinematografica”.
Pericu spiega che “tra giugno e luglio” verranno organizzate “una serie di iniziative per coinvolgere la città in questo processo” con “spettacoli all’aperto, concerti, mostre. Intanto si affinano gli studi sull’utilizzo di queste aree”.
Di seguito alcune domande che i giornali locali omettono di porre.
Perché non condividere un progetto concreto con quartiere e lavoratori prima dello spegnimento dell’altoforno e della messa in cassa integrazione di 470 lavoratori? Quali attori economici si occuperanno del distripark? – elemento del piano che appare e scompare come fosse in balia di flussi emotivi – e infine: c’è un progetto? Perché non presentarne una copia alla stampa? La cittadinanza non andrebbe coinvolta prima dell’avvio di una fase di cambiamento?
Nella confusione informativa prende corpo la certezza che, dagli Erzelli, caleranno lentamente i caimani locali, fiancheggiati dalle istituzioni, per spartirsi un territorio che è appartenuto a molti, tranne che al quartiere.
A quel punto si potrà chiedere a Renzo Piano di progettare un rettilario. Che li contenga tutti.
(Giulia Parodi)