M. è arrivato in Italia che aveva dodici anni, per raggiungere una madre lontana da tempo, emigrata per lasciarsi alle spalle un matrimonio combinato quando lei di anni ne aveva quindici. Arrivando M. non ritrova solo la madre, ma anche un patrigno ed una sorellina. Licenza media, un diploma professionale, qualche primo lavoro precario e un monte di difficoltà di rapporto col patrigno che rende la sua adolescenza particolarmente difficile. Poi arriva la possibilità di un imbarco, un lavoro infinitamente desiderato perché la nave l’avrebbe allontanato da una situazione familiare densa di conflitti. Ma pochi giorni dopo l’assunzione arriva il fulmine della scoperta di una grave patologia. Perdita del lavoro, cure, e in eredità una invalidità del 50 %.
Categoria: Lavoro
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Sindacato – Le parole della crisi
“A mio avviso il movimento sindacale non è responsabile dei problemi dell’economia, ma semmai serve a risolverli. E non è possibile rafforzare la classe lavoratrice senza forti associazioni sindacali” (Barak Obama 30 gennaio 2009)
A Genova, il giorno precedente all’affermazione del presidente americano, le categorie di Cgil Fiom e Funzione Pubblica si incontrano per rispondere a quello che, con la firma del 23 gennaio, considerano un attacco di governo, Confindustria, Cisl e Uil.
Alla Scuola Edile di Borzoli più di duecento delegati della Liguria tentano di rispondere ad un immaginario che relega la Cgil “ottusamente in difesa di preistoriche difese sindacali”, e valutano nuove modalità di opporsi per spiegare ai lavoratori cosa è inaccettabile nella firma dell’accordo. -
Porto – La difficoltà d’essere normali
Quanti articoli sul porto di Genova sono usciti sulla stampa negli ultimi due mesi? All’incirca un paio al giorno. Se non ci credete cliccate su www.portogenova.blogspot.com dove oltre all’elenco completo ci troverete i link di altri siti utili per saperne di più. Ci troverete anche un po’ di articoli di Eddy Glover – pseudonimo preso a prestito dal mitico rappresentante (più di mezzo secolo fa, nel 1954) della Commissione di inchiesta sul crimine nel porto di New York – utili a spiegare perché di una cosa (il porto) di cui la stampa ha parlato così tanto (in genere con competenza) la città continui a capire così poco. L’ha fatto notare anche la sindaco che pure non è Candido nell’intervista pubblicata su Repubblica del 14 gennaio 2009. “E’ curioso – ha detto – che in questa città la questione del porto venga sollevata da don Gallo e risolta dal prefetto”, per dire: non vi sembra strano che ques tioni di tale portata vengano affrontate fuori dei canali istituzionali?
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Comunicato stampa della Associazione per Cornigliano
Oggi, 19 gennaio 2009, la Corte di Appello del Tribunale di Genova, presieduta dal dott. Odero, ha emesso la sentenza di secondo grado nei confronti di Emilio Riva e dei figli Claudio e Fabio Arturo per inquinamento ambientale.
Il processo di primo grado, iniziato nel 2004, si era concluso nell’ottobre 2006 con la condanna dei suddetti imputati a 1 anno e quattro mesi.
Con la sentenza di oggi, in merito all’inquinamento causato dall’altoforno che era oggetto del nostro intervento, i giudici della Corte d’Appello hanno ritenuto, a causa di un vizio di procedura (ossia di un semplice cavillo legale), di “trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica di Genova”: di ripartire quindi daccapo con un altro procedimento penale, che tuttavia, come si sa, incontrerà la prescrizione ad inizio 2010. -
Precari – La fatale caduta del piccolo Cesare
Se credete che soltanto la morte sia sinceramente democratica, peccate di grossolanità e di disinvoltura di giudizio. Anche Cesare ne era convinto, fino al giorno in cui, dopo un’estenuante attesa nella sala dell’agenzia interinale, si trovò di fronte una vecchia conoscenza: un suo ex dipendente, Rossi, un ragioniere di giovane età e scarse speranze che qualche anno prima aveva licenziato dalla sua azienda, senza troppi rimpianti né sensi di colpa.
Cesare nella vita non aveva fatto altro che l’imprenditore, lavorando a fianco del padre. Aveva iniziato molto presto ad assaporare il gusto del comando e a gestire il peso delle responsabilità, e tali fardelli, gravosi per un ventenne, avevano schiacciato e formato le sue strutture mentali allo stesso modo in cui nelle novelle di Verga le gerle cariche di carbone rattrappivano le ossa dei ragazzini di miniera. -
Ilva – Topi in attesa del pifferaio
Regione Liguria, 9° piano di via Fieschi, martedì 23 dicembre 2008. Gruppo sindacale in un interno. L’incontro doveva avere la leggerezza dell’accordo concluso. Assessore, funzionari e delegati avevano visionato i fogli relativi a un piccolo rimborso per i lavoratori Ilva al quarto anno di cassa integrazione straordinaria. Poi il discorrere pacato, la presa d’atto adulta e consapevole che di rientro al lavoro – quello vero – non c’era sentore. Uno scrollare di spalle, seguito alla resa davanti all’inesorabile che, in certe riunioni non trova mai una forma compiuta, ma è fatto di mezze parole, allusioni; attesa e inerzia.
“Ma voi avete valutato una soluzione politica per questa faccenda?” chiede lei. -
Amianto – Come rischiare la vita e perdere la dignità
In città li hanno visti un po’ tutti. Per più di una settimana un corteo di due o trecento persone ha fatto tappa – sostando, occupando, inviando delegazioni – nei luoghi canonici della protesta di un tempo: il comune, la regione, la provincia, la prefettura.
Sono “quelli dell’amianto”. Dopo centinaia, migliaia di morti per asbestosi, tumore al polmone, tumore alla laringe, mesotelioma pleurico ed al peritoneo, dopo una infinità di lotte, di inchieste, di azioni legali condotte da comitati di familiari delle vittime, ammalati e medici che hanno permesso di tracciare una mappa dei luoghi italiani dell’orrore (Genova, Casale, Monfalcone e tanti altri), nel corso degli anni Settanta è cominciata, con la diagnosi e la pubblica conoscenza del mesotelioma da amianto, la lotta per la messa al bando dell’amianto dai luoghi di lavoro e ovunque veniva utilizzato. Una lotta difficile perché chiedeva alla società, oltre farsi carico delle tragiche conseguenze di una infinità di lavorazioni, di impegnarsi in una costosa azione di bonifica delle strutture dove questo era stato utilizzato fino ad allora. -
Cara Daphne
Cara Daphne, ogni minuto della giornata vale un euro, che il nostro pensiero accantona idealmente e immediatamente consuma destinandolo a qualche spesa. Perché sì, non ci si può certo “togliere qualche sfizio”, anche quello diventa una semplice riga nel quaderno dove si appuntano gli stratagemmi per arrivare alla fine del mese.
Il tempo non scorre, è congelato, come tu davanti all’estratto conto che ti rimette lo sportello del bancoposta. Un immobilità spaziotemporale nella quale si tenta di far mente locale e comprendere a che cosa corrispondano quei € 21,33 addebito altri gestori del 29/11/2008.
E così tu, che appari intraprendente agli occhi degli altri, sei in realtà ferma. “Dovrai calmarti prima o poi!” e aggiungono “Io alla tua età avevo già Andrea.. Se volessi potresti farti una famiglia”. Dal tuo nonluogo vorresti ribattere che il tuo metronomo ha perso il tempo e non può certo darlo ad un altro essere, per di più vivente.
Se non sei stanca, fai finta di niente, abbozzi un sorriso. Altrimenti il peso dei centoventi minuti all’ora che ti occorrerebbero per aver un bambino ti schiaccia.
Ti avvii verso casa e speri solo che tra l’autobus e il dopocena ci sia lo spazio per aprire un libro e venti minuti per riprendere tempo.
Ciao,
(Alisia) -
Se a “prendere l’amianto” è l’Ansaldo
Sono un po’ più vecchio di quegli operai dei cortei dell’amianto nei giorni scorsi. Anche a me l’hanno dato. Mi mancavano pochi mesi ai 35 anni e mi hanno detto “guarda che lo riconoscono anche a quelli delle macchine utensili”; io ero tra quelli e quando mi hanno dato il via mi son dimesso. Alla fine ci ho guadagnato 4 mesi; tutto regolare. Di quelli dei cortei ne conosco parecchi: ci sono andato per salutare, chiedere della famiglia, della salute, le solite cose di cui si parla quando da un po’ non ci si vede. Quasi tutti pensano che alla fine un soluzione si troverà ma li avvilisce di fare una figura di merda, passare per ladri.
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Diossina – Chissà chi lo sa
Venerdì 12, incontro al margine dello sciopero.
Lui a me: “Sei in pensione?” (In realtà lo sa benissimo ma da un po’ non ci si vede)
Io: “Da quattr’anni.”
Lui: “Ricevo il vostro giornalino”.
Io taccio anche perché non mi va che chiami la NL giornalino.
Lui (che per la cronaca fa il sindacalista) insiste “Ma a cosa serve leggere il giornale?”
Io prendo tempo e lui “Fammi un solo esempio di una cosa che hai letto negli ultimi 10 giorni su Berlusca, i giudici, l’economia o quel che ti pare che già non sapevi”.
La prendo larga e sul filo del patetico. “Sai, vivo solo; il giornale è… un un modo per dialogare col prossimo: conferme, domande…”.
A questo punto lui mi ha guardato con una espressione stupita, quasi imbarazzata; comunque non favorevole.