Quarto potere 2. Giornalisti: da dove vengono e dove stanno andando
L’Associazione ligure dei giornalisti, come si chiama il sindacato regionale della categoria, compie cent’anni e tra le buone ragioni per ricordare questa data, c’è di sicuro il ruolo che tale organismo ha svolto non solo per la difesa degli interessi di chi fa questo mestiere, quanto soprattutto per far crescere la dignità dell’informazione.
Come dire un bene d’interesse generale. Anche se l’occasione celebrativa tende a nobilitare il passato, colorandolo di tinte romantiche, non si può ignorare come la storia del giornalismo nostrano abbia trascorsi ben poco esaltanti.
Certo non mancavano fin dagli albori i grandi solisti, penne che facevano viaggiare e sognare i lettori sulle ali della parola scritta. Ma non bastano gli esempi degli antichi maestri, per far dimenticare a quali livelli marciava in realtà l’esercito della cronaca: la regola era il linguaggio delle notizie copiato pari pari dai verbali polizieschi, a conferma sia della totale acriticità del reporter, ma anche del suo ossequio verso il potere e della totale mancanza di rispetto verso il più debole. Sarebbe davvero impietosa, non solo sul piano culturale, una rassegna di fogli d’epoca.
Senza andare a rovistare troppo indietro negli archivi, basta la memoria dei meno giovani della professione per riportare alla luce episodi rimossi dalla vergogna: il giro di visite, una sorta di questua, che certi affermati cronisti facevano la vigilia delle feste comandate per ricevere l’obolo dei loro referenti (industriali e commercianti), per non parlare della doppia attività di informatori della cronaca e dell’Ovra esercitata con profitto nel ventennio fascista da alcuni reporter, presto reintegrati nei ranghi dopo formale epurazione.
Non è stato facile per l’Associazione giornalisti risalire da certe sentine. Lo ha fatto anzitutto con gli strumenti sindacali: assicurando certezza di diritti quindi di doveri, ponendo fine ai contratti con la scoppola, senza garanzie, che mettevano a rischio di essere cacciato chiunque urtasse la suscettibilità del ras di turno. Ci sono voluti anni di lotte, di esperienze dure, drammatiche, come piazza Fontana, data dopo la quale il rapporto tra cronaca e potere ha subito una svolta senza ritorno. Da qualche tempo però il lungo cammino verso un’informazione più indipendente, ha subito una battuta d’arresto. Il rischio di tornare indietro è tangibile: da una parte lo scandalo del precariato, dei co.co.co. di redazione, gente esposta a qualsiasi tipo di condizionamento, dall’altra quotidiani e settimanali sotto il tiro dei risarcimenti miliardari, arma rivelatasi efficacissima nelle mani dei big per tenere alla larga i curiosi di mestiere. Col risultato che il giornalismo d’inchiesta è finito.
Non si può lasciare solo il sindacato a difendere l’intera libertà di stampa.
(Camillo Arcuri)