Politica – La Liguria che non frana

10 marzo, al circolo PD del Centro Storico, si parla di politiche ambientali. La candidata alle regionali Anna Stagno ne discute con Carlo Bertelli (Charta) Roberta Cevasco (Università Piemonte Orientale), Alberto Girani (Direttore del Parco di Portofino), Diego Moreno e Massimo Quaini (Università di Genova).
Il primo argomento sono i problemi della Liguria e del suo entroterra, di cui si parla così poco che ne è ignota l’entità: i boschi avanzano popolando versanti e montagne ormai abbandonati, alla velocità di mille campi da calcio all’anno. Al differente assetto consegue l’instabilità ed il dissesto idrogeologico. Queste condizioni, insieme alla quantità di alberi abbandonati senza alcuna gestione, causano le frane ed il propagarsi degli incendi che hanno funestato la cronaca recente.


Ma l’abbandono dell’entroterra ha causato anche la perdita delle società che manteneva quegli spazi: le politiche degli anni Settanta hanno incentivato lo spopolamento, ed oggi chi è rimasto a vivere nell’entroterra è penalizzato da un difficile accesso ai servizi ed alle infrastrutture.
Inoltre i finanziamenti che arrivano a pioggia per l’entroterra spesso finiscono per essere gestiti su base clientelare senza risolvere in minima parte le difficoltà.
Tra le soluzioni che vengono prospettate, innanzitutto la valorizzazione di quel che è rimasto, ambiente e persone, che merita una tutela attiva e non passiva. Chi ancora vive le realtà rurali ed è depositario di conoscenza è il primo da interpellare.
Poi è necessario, concordano gli interventi dei relatori, restituire l’autorità sul territorio agli abitanti, gli unici che possono permettere un recupero ambientale e sociale dell’entroterra, e tutelare realtà di gestione comunitaria come i beni comuni o frazionali.
Viene citato il caso di uno strumento attivo in Francia, una sorta di osservatorio sul paesaggio, observatoire citoyen du paysage, che concepisce la tutela dei singoli siti come una responsabilità da affidare alla cittadinanza.
Dall’altra parte, il pubblico interviene: a parlare è principalmente chi è tornato all’entroterra, per reimpostare la propria vita, costruire attività, recuperare una dimensione diversa e meno alienante di quella cittadina. Chi torna è pienamente consapevole del valore ideologico della propria scelta, e sa osservare: l’entroterra non viene considerato un luogo per godere della bellezza del paesaggio e della natura, ma il frutto di opere di secolare gestione delle montagne, dei corsi d’acqua, dei terrazzamenti. E sa riconoscere quanto poco efficaci e inadeguate siano le normative che rendono impossibile o laboriosissimo intraprendervi iniziative, o anche semplicemente viverci.
L’impressione che resta è che l’unico modo di salvaguardare l’entroterra della Liguria sia in qualche modo occuparsene, parlandone e portandolo al centro del dibattito politico. Per restituirlo pienamente a chi lo abita e vorrebbe abitarlo.
(Eleana Marullo)