OLI 306: VINCENZI – I mezzi della politica e la solitudine delle donne

Lo foto spicca in un paginone di Repubblica ed Genova del 16 giugno. E’ una sindaco al volante di un autobus che sorride complice del gioco che qualcuno le ha chiesto di fare. La didascalia illumina il lettore: “Marta Vincenzi alla guida di un bus. Ieri il sindaco ha viaggiato sui mezzi Amt per verificare la situazione dei trasporti”. Il titolo è ancora più esaustivo “Vincenzi, un giorno da passeggero”.

Raffaele Niri spiega che si è trattato di “un blitz” della sindaco che, dopo le polemiche emerse sulla stampa, ha deciso di verificare di persona il livello del servizio. Un blitz che “avrebbe dovuto rimanere segreto”. Infatti Marta Vincenzi “ha ritenuto di non avvisare nessuno, né la stampa” – che tuttavia offre una dettagliata cronaca di tutti gli autobus sui quali la sindaco è salita – “né le televisioni, né i suoi collaboratori”.
Legittimo domandarsi perché questa sia una notizia anziché una pratica, quantomeno settimanale, che avrebbe potuto permettere a Marta Vincenzi di verificare negli anni del suo mandato cosa accadesse prendendo una a caso una delle molte linee dove i volti dei passeggeri esprimevano attesa, fastidio o sollevato stupore sotto le pensiline.
Il primo cittadino non dovrebbe essere anche il primo passeggero di Amt?
Questo uno dei nodi da sciogliere.
Del resto, con Bersani a Genova, la stampa locale offre un quadro mortificante. Cena da Pintori, anche quella dettagliatamente segreta – esattamente come il blitz sui mezzi AMT – dove si incontrano il segretario del Pd con alcuni esponenti “bersaniani”, Marta Vincenzi nel ruolo di convitato di pietra. Cena di soli uomini che forse non avevano i “mezzi” per offrire il pasto alla prima cittadina di Genova, risparmiando ai lettori la fatica di comprendere su quale scoglio andrà a sbattere la prossima campagna per le elezioni del sindaco. Emerge il ricordo della London Valour.
Ma la sferzata finale viene offerta da Il Venerdì di Repubblica uscito il 17 giugno che, sempre a firma di Raffaele Niri, offre un titolo assai dinamico: “Io, sindaco donna, so come sbattere i pugni sul tavolo”, dove si parte dal senso di solitudine di Marta Vincenzi che “nella lapide che sovrasta il suo ufficio legge solo nomi di uomini” per presentare il libro intervista “38 più una” con Mario Peternostro. “Non cerco a priori la solidarietà femminile nelle battaglie che faccio, perché non sopporto la retorica delle cordate vestite di femminismo. Tranne poi addolorarmi e stupirmi quando le ritrovo schierate nella conservazione”, dichiara Marta Vincenzi. Nel pezzo emerge che i maschi gestiscono molto, troppo e pare che le dicano “Sai, c’era da sbattere i pugni sul tavolo, un uomo lo sa fare meglio”. Nel pezzo la sfida, per la sindaco dei bilanci sul suo mandato da fare esclusivamente con uomini.
Sarebbe davvero bello capire dove Marta Vincenzi ha scorto “la retorica delle cordate vestite di femminismo” e in quale occasione ha provato stupore e si è addolorata nel vederle agire. Perché dopo il 13 febbraio, per le donne italiane le parole sono diventate più importanti. Della solitudine, in politica, sul lavoro, in famiglia la maggioranza di loro sanno già tutto.

(Giovanna Profumo)