Nel mondo arabo, che si estende dal Marocco in Africa fino alla Palestina in Asia, passando per altri venti paesi tra cui Egitto, Libano, Giordania, Iraq ed Emirati Arabi, la rappresentazione della donna in TV è varia e diversificata, ma continua a dominare il modello europeo ed americano. Le fiction americane hanno lo stesso (molto) spazio che hanno nelle TV italiane, i format di “successo” nel mercato internazionale vengono riproposti quasi uguali, dai quiz ai reality show, dove è davvero difficile nascondere il corpo. I video clip musicali più trasmessi e più seguiti nelle TV arabe sono quelli di Haifa Wahbi, Nancy Ajram, Rolla ecc., che sono molto “belle”, o meglio dire “sexy”.
Categoria: Cultura
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Città – Gente che viene, gente che va (di plastica e di marmo)
Osservare e – se necessario – criticare l’informazione non deve limitarsi ad articoli di giornali o a servizi radiotelevisivi. Esiste anche un’informazione più subdola, capillarmente diffusa, non scritta e non detta ma recepita con gli occhi e altrettanto deleteria nel travisare la realtà.
L’universo di segni che ci circonda veicola non di rado messaggi che gabellano per vero ciò che invece autentico e/o valido non è – sul territorio, negli scenari urbani, negli ambienti di vita pubblici e privati – mescolando in un unico omologante calderone il patrimonio culturale che abbiamo ereditato nei secoli con le gratuite bizzarie escogitate da certi nostri contemporanei. Ne conseguono perdite di senso, disagio per i più avveduti e confusione per tutti, in un processo perverso che si autoalimenta coi propri effetti negativi.
Se è deplorevole che ciò avvenga negli interventi dei privati, è inaccettabile quando viene promosso o tollerato da pubblici amministratori che controbattono alle disapprovazioni sostenendo che si tratta di questioni di poco conto, cosa che non è.
Un caso esemplare riguarda Palazzo Ducale a Genova e alcuni sciagurati esiti della mostra “El siglo de los Genoveses”, allestita nel 2000. -
Festival della Scienza – Il robot umanoide e i “no” di Virginia
Che non sia l’Auditorium Montale la sala dove dovrebbe tenersi la conferenza che cerco lo rivela al primo sguardo un pubblico fatto di famiglie e bambini dai cinque ai tredici anni.
Non so cosa succederà lì, non ho con me il programma, ma accetto l’errore e la casualità, mi siedo ed aspetto. Buio in sala e parte un filmato. Perplessità: sembra proprio il filmato pubblicitario di una marca automobilistica, uno di quelli che si vedono prima che inizi un film: automobile elegante che percorre strade deserte, tra paesaggi fantastici; alla guida un bell’uomo che canta a voce spiegata contento di sé e della sua potenza di guidatore in quel mondo di cui è l’unico abitante. L’automobile corre sempre più veloce. Finirà, educativamente, per schiantarsi? No. -
Cinema – La scena del crimine secondo Michael Moore
Tra le ultime uscite nelle sale cinematografiche va segnalato l’ultimo film di Michael Moore, perché ha il pregio di far vedere sullo schermo quello che i più informati hanno potuto leggere su alcuni giornali, in internet e da alcune trasmissioni radio.
Capitalism: a love story è il racconto di quello che è successo negli USA negli ultimi anni, ed è una cronaca commovente, spietata ed ironica. Michael Moore fa quello che è bravo a fare: mettere in scena la vita dei più deboli, ponendosi domande alla ricerca di responsabilità. E se in Sicko, il film precedente, i deboli erano le persone prive di assistenza medica, in questo si riportano le conseguenze dell’enorme collasso finanziario americano sulla gente comune. -
Cultura – Cronache dal fortino delle biblioteche
La stampa ne ha parlato, il primo a dare la notizia, il 10 ottobre, è stato un quotidiano locale, Il Gazzettino (http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=76217: il sindaco di Musile di Piave, in provincia di Venezia, è riuscito a far breccia nel fortino delle biblioteche italiane con la decisione di cancellare dalla biblioteca comunale gli abbonamenti ai presunti quotidiani “politicizzati”. Motivazione bipartisan, come vuole il prontuario del buon politico italiano dagli anni novanta ad oggi: no a Il Manifesto, no a La Padania, 1 a 1 palla al centro. Ma poi: no a La Repubblica, sì a il Corriere della Sera: l’imparzialità sembra vacillare.
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San Giovanni – Le tradizioni pagane che dispiacciono alla curia
Il 23 giugno passo da Piazza Matteotti alla ricerca della festa di San Giovanni ma, al posto della grande festa passionale che ricordavo, trovo una piazza distratta, una musica fuori contesto e un vicesindaco un po’ malinconico in attesa di accendere un fuocherello piccolo piccolo: a distanza sembrava che nemmeno lo avessero preparato, il falò.
Degli anni passati, quelli dal 2003 al 2007, non ricordavo solo il sontuoso rogo circondato da danze, con al centro colei che doveva essere bruciata, la sensuale e perfida Erodiade, ma tutto quello che aveva preceduto l’acme finale: visite guidate nei luoghi a vario titolo legati a San Giovanni, installazioni, attori e artisti di strada per letture, proiezioni cinematografiche, animazioni e brevi azioni sceniche a ripetizione, l’intreccio col Festival della poesia e la caccia al tesoro: chi la vinceva avrebbe acceso il rogo finale. -
Politica – Servono (urgentemente) poeti e giornalisti
Servono, urgentemente, poeti. Poeti della politica, nella politica. Intendo persone (saccheggio blogs e dizionari) “capaci di suscitare emozioni”, “creatrici di mondi”, che sappiano “muovere l’anima di chi li ascolta alla ricerca di domande”. Penso a questo mentre, sabato scorso, guardo Don Gallo che sale su un palchetto in Piazza del Campo con i trans del Ghetto per dare il via alla festa organizzata dalla Comunità di San Benedetto. La scommessa di Don Gallo era quella “di portare persone, cittadini, turisti, residenti di ogni razza e colore, dentro al quartiere meno frequentato della città vecchia”. Questo è successo, ma la cosa più grande è stata che le persone socialmente confinate nel ghetto ne sono uscite, e che gli abitanti “di tutte le razze e colori” e, aggiungo: sessi, generi, condizioni sociali, abbigliamenti, si sono mischiati fino a mezzanotte inseguendo poesie, discussioni filosofiche di gruppo, canzoni di De Andrè e altri, musiche di ogni tipo fino al rock messo su dai ragazzi di Aut Aut. -
Documentari – “Come un uomo sulla terra” anche a Genova
Teatro Eden, Genova Pegli, 15 giugno 2009: le associazioni “Genova con l’Africa” e “Art Afric” hanno organizzato la proiezione di “Come un uomo sulla terra”, documentario di Riccardo Biadene, Andrea Segre e Dagmawi Ymer girato nel 2008, per conservare la memoria del viaggio, che Damawi, e con lui migliaia di profughi etiopi e di altre nazionalità, hanno compiuto attraverso il deserto, prima di arrivare in Italia. Dag, il protagonista e tra gli autori del documentario, studiava giurisprudenza ad Addis Abeba, fino a quando, a causa della repressione e della condizione politica nel suo Paese, ha deciso di espatriare e di cercare rifugio altrove.
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Ex libris – Premi letterari? Meglio “Alassio cento libri”
In attesa che a metà giugno venga nominata la cinquina da cui uscirà il vincitore del Premio Strega 2009, le polemiche divampate intorno al celebre premio letterario sembrano essersi placate. Ma per almeno un mese sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani (in particolare Corriere della Sera e la Repubblica) tra editori che s’incazzano (Mauri-Spagnol), autori che si autocandidano (Scurati) o si autoescludono prima ancora di essere nominati (Del Giudice), insospettabili critici letterari che fanno outing (Asor Rosa) il panorama che ne è uscito fuori, di giorno in giorno, non può certo definirsi dei più garbati.
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Donne – La tolleranza non basta
Incrocio in Via del Campo una donna completamente velata, libera solo una fessura per gli occhi, le cammina a fianco la figlia, una bambina sui nove anni, anche lei già velata sul capo. Parlano tra loro, la bambina ride. Io so – non posso non saperlo – che quella bambina ha di fronte a sé una montagna. Penso che, se ora ride, dopo le toccherà una lotta senza quartiere combattuta all’incrocio delle contraddizioni. Al confronto, quella che ho avuto di fronte io, italiana del 1946, era una collina col fondo un po’ accidentato.