(Metro, 8 novembre 2007)
Vorrei chiedere scusa agli italiani, visto che sono romena, per il male che abbiamo fatto. Vi chiederete il perché del plurale. Perché ormai è opinione diffusa che essere romeno voglia dire essere assassino o ladro. È proprio questo il mio disappunto e vi spiego perché: sono una ragazza di 25 anni e avevo solo 17 anni quando mio padre fu ucciso barbaramente da un vostro connazionale, il suo datore di lavoro, a cui aveva chiesto la regolarizzazione.
Categoria: Diritti umani
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La violenza non ha nazionalità
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Rom – Sindaci-sceriffo e responsabilità
Lunedì 5 novembre un’ascoltatrice di “Prima Pagina” (la trasmissione di rassegna stampa e dialogo con gli ascoltatori di Radio3) ha telefonato domandando: “Ma chi era preposto al controllo della irregolarità degli insediamenti rumeni a Tor di Quinto, dove è stato finora? Perché si lascia che si costituiscano i ghetti? Se non si pone, politicamente, un argine si creano le condizioni di una conflittualità che prima o poi esploderà e andrà fuori controllo”.
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Stragi silenziose/1 – Se una catastrofe non è abbastanza interessante
La notte del 25 dicembre 1996, Ampalagan Ganeshu e suo fratello Arulalagan, due ragazzi dello Srilanka in fuga dalla guerra civile, morirono nel più grave disastro marittimo nella storia del Mediterraneo dalla fine della guerra mondiale. In 283 sparirono nel mare del Canale di Sicilia, a bordo della nave Friendship, speronata dalla Yohan, a sua volta carico di merce umana. Soltanto cinque anni dopo, nel 2001, su indicazione di un pescatore, un robot subacqueo catturò le immagini di quello che era rimasto un naufragio fantasma, descritto dai superstiti ma mai provato. Abiti, rottami, resti umani denunciarono che invece era accaduto sul serio, 283 persone erano sparite nel mare per 5 anni senza che nessuna autorità intervenisse, per accertare quello che era accaduto e recuperare i corpi.
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Miopi rinvii – Una moschea per pregare lontano dalla monnezza
“Siamo stati sfrattati dall’unico luogo della provincia di Genova dove potevamo praticare la nostra religione, svolgere attività sociali, culturali, educative. Una moschea (centro culturale islamico) è un fatto di civiltà… La libertà religiosa è un diritto costituzionale”. Così diceva un volantino del lontano 1999, firmato Centro Islamico culturale di Genova.
La fotografia (cliccare qui), presa nel Giugno 2005, ritrae la vita ordinaria di uno dei centri di preghiera islamici (quello di vico dei Fregoso, accanto ai mezzi dell’Amiu), sorti informalmente qua e là nella città dopo la cancellazione della moschea di via Bologna. -
Diversità/1 – Spaventosa e violenta la Genova di Ndiawar
Il primo effetto della manifestazione organizzata dalla comunità senegalese, che sabato 11 novembre ha attraversato le vie del centro, è che il lunedì successivo via Prè era blindata da posti di blocco e intersecata da pattuglioni. Chiusi nelle loro case i migranti della zona – convinti che quello non fosse giorno per circolare sia pure nel proprio quartiere e con i documenti in regola.
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Diversità/2 – I muscoli dei rambo e la dignità ferita
L’altra sera era a cena da me un nostro giovane amico di nazionalità marocchina. Festeggiavamo il suo nuovo lavoro, come operaio in un’azienda metalmeccanica. Alle spalle di questo ragazzo, in Italia da quindici anni, due diplomi di qualificazione professionale e un periodo di apprendistato di quattro anni felicemente concluso in un’altra azienda. Insomma, un giovane operaio genovese che si alza tutte le mattine alle 5.30 per trovarsi alle 7.30 sul luogo di lavoro non vicino alla sua abitazione.
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Infamie – Da Esma a Guantanamo via Abu Ghraib
“Prima uccideremo tutti i sovversivi, poi uccideremo i loro collaboratori, dopo i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e alla fine i timidi.” (Generale Ibérico Saint Jean, governatore della provincia di Buenos Aires, 1977).
Trentamila i desaparecidos in Argentina durante la dittatura militare nel 1976-1983. A questi si devono aggiungere quindicimila fucilati per le strade. E ancora novemila prigionieri politici e oltre un milione di esiliati . -
Addio Maria – I motivi del disonore secondo Lukashenko
E’ un vero peccato che, tra i tanti colleghi che si sono occupati della vicenda di Maria, da punti di vista anche diversi, apparentemente quasi nessuno abbia avuto tempo o modo di consultare l’intervento intitolato “Difesa dei diritti dei bambini e della gioventù” del presidente bielorusso Grigorevich Lukashenko davanti al Parlamento il 17 novembre 2004. Il documento – poco meno di quattro pagine, in traduzione ufficiale, che si trovano sul sito di www.cittadinidelmondo.info – sarebbe stato molto utile per capire cosa stava succedendo e – temo – anche cosa succederà.
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Abiure – I “sans papiers” di Francia e la preistoria a venire
I telespettatori della ripresa politica in Francia sono stati gli involontari testimoni di una sequenza altamente istruttiva. Insinuatasi in una questura della periferia parigina, la telecamera di un telegiornale ha sorpreso una famiglia di emigranti congolesi, i genitori e due figli adolescenti candidati alla regolarizzazione, mentre rispondevano a domande del tipo: “che lingua parlate in casa?, che fumetti leggete?, che trasmissioni guardate alla televisione?” poste da pubblici ufficiali. Il tutto, si badi, sotto gli occhi o quasi di Arno Klarsfeld, il supervisore appositamente nominato dal ministro degli interni Nicolas Sarkozy.
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Intercettazioni – Il fango del “giornale” sulla famiglia Giuliani
Il bel mondo politico-culturale, di destra e di sinistra, quello che si è indignato per le intercettazioni telefoniche di parlamentari, banchieri, affaristi ed ex reali, riportate dai giornali, e che tanto ha protestato da fare adottare d’urgenza misure legislative contro gli abusi di “certa” informazione, non ha detto una sola parola per l’ignobile speculazione consumata dal Giornale di Berlusconi contro la famiglia Giuliani.